domenica 28 febbraio 2016

LA VERSIONE DI LUPI

(MA PARIGI NON VAL BENE UNA MESSA)


Maurizio Lupi sabato 27 febbraio 2016

Caro direttore,
alcuni leader del Family day urlano allo scandalo: "No al matrimonio gay!". Ma non possono più dire no alle adozioni gay, no all'utero in affitto, no alla stepchild adoption, perché tutte queste cose non ci sono più.

La "Cirinnà" non c'è più. Come dicevano alcuni striscioni al Circo Massimo: "Cirrinò".
La realtà è testarda. Ma bisogna guardarla, la realtà. Bisogna guardare il lavoro fatto, le necessarie mediazioni. Perché i princìpi, se non vogliamo che restino eterei ma informino di sé la vita e la società, devono inserirsi nella realtà storica in cui si vive. In base al principio, che ben conosceva, della dignità e dell'unicità della persona umana, san Paolo — secondo certi maître à penser odierni — dovrebbe essere affidato alla damnatio memoriae perché non ha denunciato la schiavitù ma "solo" chiesto al suo amico Filemone di trattare lo schiavo che gli mandava non come schiavo ma come fratello.
Briton Riviere(1840-1920) ; Christ in the wilderness
Quando nei Paesi democratici non hai la maggioranza del consenso, il dovere e l'intelligenza della mediazione sono ancora più necessari. Non l'assenza del compromesso — dice Joseph Ratzinger, la stessa persona dei principi non negoziabili — ma il compromesso stesso è la vera morale dell'attività politica. 

In questa legge, che — diciamolo subito — non è la legge che avremmo scritto noi se fosse stato possibile, non c'è l'adozione per le coppie omosessuali, non c'è la stepchild adoption, non c'è l'utero in affitto (sul quale proporremo una legge con un solo articolo: l'utero in affitto è reato universale), non c'è il matrimonio omosessuale.
C'è, invece, una nuova unione sociale con diritti e doveri che si richiamano agli articoli 2 e 3 della Costituzione, che riguardano i diritti dell'uomo come singolo e nelle formazioni sociali, tra le quali non c'è la famiglia, che è un istituto a parte di cui la Costituzione parla negli articoli 29, 30 e 31, distinguendolo in questo modo da ogni altra formazione sociale. 

Questa è la realtà, e la sua testardaggine. 
Certo, in alcuni richiami al codice civile ci sono ancora similitudini tra unioni civili e famiglia che possono prestarsi a equivoci e che contrastano con la chiarezza di altri commi inequivocabili. Ma si possono correggere nel passaggio alla Camera(sic!), e soprattutto sono già anestetizzate da una clausola di salvaguardia inserita a chiare lettere nel nuovo testo: "i suddetti richiami valgono in modo limitato alla finalità del nuovo istituto". E la finalità del nuovo istituto non è la procreazione, non è la genitorialità, non è la fedeltà "coniugale" che è sparita dal testo.

Resta il rischio che qualche tribunale possa interpretare in modo creativo e contrastare lo spirito della legge? Certamente sì. Come avviene per tutte le leggi. Meglio una legge a rischio interpretativo o una legge che prevedeva esplicitamente la lesione del diritto dei bambini a una famiglia, introducendo l'adozione per le coppie gay? Meglio una legge a rischio interpretativo o una che dice che solo il matrimonio è il luogo della genitorialità?

MENZOGNOSO

Sinceramente speravo di parlare d'altro, quest'oggi, ma quello che ha detto Renzi è così menzognoso (chissà se la Crusca me l'accetta) che una risposta bisogna pur darla.
Botticelli, La Verità e la Menzogna

Mi rifaccio alla notizia ANSA. La prima cosa che leggo mi lascia rotolaperterraridacchiantoso: "Se tre mesi fa ci avessero detto che il Senato avrebbe approvato una legge sulle unioni civili, una cosa che il Paese aspetta da trent'anni, nessuno ci avrebbe creduto".

Ma davvero? Allora la sicurezza che ostentatava era tutta fasulla? E il fatto che nessuno nel Palazzo dubitasse minimamente che sarebbe passata (sono passati tre mesi soli, signori, se non vi ricordate dovete fare una cura di fosforo) era tutta una bufala? E come sia invece cambiato il clima dopo il family Day qualcuno lo rammenta, invece? Visto che Il nostro Presidente del Consiglio ha problemi anche a ricordare quello che disse nove anni fa, quella dei trent'anni potrebbe essere anche una svista.

E Renzi rammenta questo?
(...) Matteo Renzi, poi, così come già fatto intendere sempre durante la conferenza stampa di fine anno, a la Stampa conferma che non ci sarà voto di fiducia e che anzi - mentre non lo era, per dire, l’abolizione dell’articolo 18 - «il tema è di quelli che tocca la sensibilità dei singoli parlamentari e bisogna tenerne conto: su alcuni punti ci sarà la libertà di coscienza».

E va bene, un po' di banfo lasciamoglielo. In fondo è vero che "La faccia ce l'ho messa". Anche se aveva tentato di nasconderla fino all'ultimo: ancora pochi giorni fa il DLL Cirinnà era tutto di iniziativa parlamentare, il governo non c'entrava per niente"Sarà il parlamento a decidere, con libertà di coscienza". 

Certo, per beccarsi il bravo di Obama - che abbiamo capito tutti essere lo sponsor, l'Italia è indipendente ma Renzi no - occorreva qualcosa di più, non bastava essersi comprato affittato assicurato il sostegno NCD, il soccorso verdino è stato alla fine indispensabile. Ma "Con la fiducia ho rischiato l'osso del collo"? Avrebbe messo la fiducia, se non fosse stato certo della sua campagna acquisti? Fate voi.

Ma il pezzo più ridolinoso (Crusca, ok?) è il seguente: "Noi andremo in tutte le parrocchie a spiegare le ragioni della riforma". O bella! Questo era o non era il tizio che spiegava a Bagnasco che non voleva ingerenze della Chiesa - o anche solo di un cittadino italiano facente parte di essa - nello Stato? E mo' che fa, ingerisce lui? Manda i Carabinieri in chiesa? I funzionari di partito? Impone la velina durante l'omelia? Si ricorda ancora cos'è una parrocchia?

Renzi caro, quel "ci ricorderemo" detto da tutto il popolo del Family Day non era una minaccia, anche se hai scelto di interpretarla come tale. Era una constatazione: hai fatto strame della Costituzione, dei regolamenti, della decenza, ti sei mosso contro il popolo e le nostre convinzioni con la delicatezza di un unno per imporre il tuo volere ad ogni costo, hai mentito e continui a mentire... e tu vorresti che lo dimenticassimo?

Raccoglierai cosa hai seminato: se forse prima avremmo anche potuto crederti, dopo avere toccato con mano quanto valga la tua parola pensi davvero che accetteremo gioiosi ciò che tu cerchi di venderci? Siamo cattolici, non fessi. E, mi dispiace dirlo, il modo con cui hai trattato il paese è stato davvero schifoso.
To', mi pare che nel dizionario questo termine ci sia, no?

Berlicche  socio di  SamizdatOnLine

venerdì 26 febbraio 2016

LA PASSIONE DON GIUSS E LA BATTAGLIA CONTRO IL DIVORZIO

di Peppino Zola da lanuovabussola
23-02-2016


Caro direttore,
l’altra sera, al termine di un interessante dibattito pubblico, durante il quale mi sono “scaldato” nel sostenere il punto di vista che ritenevo giusto, una gentile persona mi ha chiesto: «ma perché, alla tua età, ti scaldi ancora così tanto e ti impegni ancora, non è tempo di tirare i remi in barca?». 

Mi sono scaldato anche nel rispondere a quella persona, a cui ho detto che non è mai il tempo di smettere con la vita, perché abbiamo la responsabilità  di rispondere fino all’ultimo respiro alle circostanze che il Signore ci propone (non a caso ho contribuito a far nascere l’associazione Nonni 2.0) e ho anche aggiunto che tutto questo l’ho imparato guardando colui che è stato mio padre nella fede, don Luigi Giussani, che, con la sua esperienza ed il suo temperamento non si è mai sottratto dal prendere posizione e giudicare tutto ciò che la vita gli faceva incontrare. 

E così, l’ho visto, quando ancora aveva pochi amici intorno a sé, promuovere un convegno (molto affollato) sulla libertà di educazione e un altro sulle missioni; l’ho visto polemizzare fortemente e argutamente con il laicismo che stava invadendo le scuole e tutto il clima culturale del nostro Paese; l’ho visto spingerci alla revisione dei tendenziosi testi scolastici; l’ho visto aiutarci a giudicare la deriva sempre più anticristiana del Piccolo Teatro di Milano, che arrivò a rappresentare una falsa e distorta immagine di Pio XII; l’ho visto sostenere apertamente la creazione delle prime scuole che si esprimevano attraverso cooperative di genitori; l’ho visto spingerci a difendere concretamente la possibilità di esercitare liberamente il diritto al voto nelle scuole superiori e nelle università, e così via. 

Di quel grandissimo uomo mi sono rimaste impresse non solo le parole che diceva, ma anche il temperamento che testimoniava e che era capace della massima tenerezza (e poesia), ma anche di una grande combattività, sempre intrisa di giudizio e di carità. Con quel temperamento, testimoniava, contemporaneamente e con tutta la sua stessa vita, che una integrale vita cristiana è fatta di cultura, di carità e di missione. Non a caso, credo, intitolò uno dei suoi più bei libri Dal temperamento un metodo. Parola e temperamento, in lui, li ricordo come fattori inscindibili.

In particolare, ricordo ancora, come fosse oggi, l’impegno profuso da tantissimi della nostra compagnia in occasione del referendum sul divorzio, tenutosi il 12 maggio del 1974. Posso testimoniare la grande mobilitazione a cui fummo chiamati, da don Giussani stesso, per essere in comunione con la Chiesa italiana di allora, mobilitazione che venne coordinata da quella che avevamo denominata “Redazione Culturale”: in quella occasione, fui incaricato di stendere un documento di carattere giuridico sulla legge che aveva introdotto il divorzio, cosa che feci insieme a Maria Vismara, laureata in legge, che stava iniziando il suo impegno in università. Detta scheda, peraltro molto apprezzata, venne inserita in un più ampio documento, che servì come strumento importante per la diffusione del nostro giudizio contrario al divorzio ( purtroppo non condiviso da tutti i cattolici) e che intitolammo Divorzio: riforma borghese. 

Con quello strumento tenemmo centinaia di incontri in scuole, parrocchie, teatri, circoli, gruppi famigliari. Molte assemblee si svolgevano in un clima non certo disteso. Di tutta questa attività era costantemente informato don Giussani. Pochi giorni prima del voto, si svolse una cena a cui partecipò il professor Gabrio Lombardi (presidente del Comitato promotore del referendum), don Giussani, il professor Vismara con la figlia Maria ed il sottoscritto. Dopo la cena accompagnai Lombardi e don Giussani nel salone del Pime in via Mosè Bianchi, dove Lombardi tenne un incontro per tutta la comunità di Cl di Milano. 

Fui testimone di un episodio curioso (e divertente), avvenuto la sera di chiusura della campagna elettorale. Stavo accompagnando a casa, con l’auto, don Giussani; giunto in piazza Medaglie d’oro, mi fermai al semaforo rosso che si trovava proprio al fianco di uno dei tabelloni per i manifesti elettorali e lì ci accorgemmo che due militanti favorevoli al divorzio stavano strappando i pochi manifesti che sostenevano le nostre tesi per il sì all’abrogazione della legge. Don Giussani si arrabbiò molto a finestrino aperto ed io fui felice che il semaforo segnasse in quel momento la luce verde per poter riavviare velocemente la macchina: non erano tempi in cui si potesse discutere serenamente con gli avversari! 

La domenica successiva al voto, che, come si sa, ebbe esito negativo, don Giussani tenne una affollatissima assemblea di ciellini al Teatro Odeon di Milano, durante la quale giudicò la situazione della società e dei cattolici ed, in particolare,  criticò apertamente quelli tra di noi che non si erano impegnati abbastanza durante la campagna referendaria. Nella famosa intervista concessa a Robi Ronza, don Giussani ebbe a giudicare così quell’esperienza: «Per quanto concerne in particolare Comunione e Liberazione, il gesto di obbedienza in forza del quale il movimento si impegnò nella campagna referendaria a favore del sì all’abrogazione del divorzio, contribuì fortemente a maturare la coscienza della propria identità cristiana: un’identità che, tra le altre cose, nulla ha a che spartire con l’etica del successo a qualunque costo. E l’episcopato poté rendersi conto di quali fossero nella Chiesa le forze davvero disponibili, anche in condizioni difficili e con prospettive tutt’altro che favorevoli, a impegnarsi a sostegno di una mobilitazione sociale e politica in cui la credibilità di una scelta dei vescovi, dunque della Chiesa tout court, veniva messa direttamente in gioco»

Devo ringraziare Dio, perché questi ed altri gesti, sempre vissuti in estrema libertà e con vivaceverifica delle proposte che mi venivano fatte, mi hanno, nel tempo, educato a non sottrarmi mai alle circostanze che la vita quotidiana e le vicende storiche continuamente sottopongono alla nostra libertà. E lo prego perché mi permetta di vivere dette circostanze con quelle stesse dimensioni di cultura, carità e missione, come una cosa sola.  


#ALFANOCIRICORDEREMO

Non siamo nè ingenui nè tonti per non capire cosa significa far passare il DDL Cirinnà.


Come effettivamente stanno le cose?
Se Alfano si rifiutasse di votare la fiducia - e potrebbe farlo, perché le unioni civili non sono nel programma dell’alleanza di governo - Renzi dovrebbe affrontare le votazioni del Parlamento, e molto probabilmente non riuscirebbe a portare a casa la legge.
Renzi non sta affrontando l’aula parlamentare perché sa benissimo che i 500 emendamenti della Lega, insieme agli altri di Idea e di altre opposizioni, bloccherebbero il testo. Anche i grillini voterebbero il DDL - loro sono contro i canguri, ma a favore del contenuto della legge - mentre Renzi non ha neanche tutto il suo partito!
Per quale motivo Alfano dovrebbe fare questo favore a Renzi? Le unioni civili sono un impegno di Renzi, non il nostro o il suo! 
Nessuno ci obbliga a dire che si deve approvare una legge sulle unioni civili: pensiamo all’Europa che non riesce neanche a risolvere il problema dei profughi che si è impegnata ad allocare, figuriamoci se sta appresso all’Italia sulle unioni civili!

Questa legge non serve a regolamentare convivenze, ma a introdurre il matrimonio gay: nessuno si era accorto, fino a poche settimane fa, che la Cirinnà era composta di due capi, il primo per gli omosessuali, con stepchild e reversibilità (che andrebbe sulle spalle dei pensionati ..), e il secondo senza stepchild e senza reversibilità.

E’ solo una legge peggiorativa, che non migliora niente. Perché approvarla?
In fondo se passa la legge viene cancellata la famiglia come istituzione sociale. La famiglia diventa qualcosa di definito dallo Stato e quindi qualcosa che in fondo "non è" più "di per sé".

Invece una ragione perché non si deve approvare, se non completamente svuotata (come chiedono quelli del Family Day), si coglie nelle parole di Paola Concia ex deputata PD: ... Se passa la legge, l'effetto domino porterà ai risultati che noi vogliamo...
Anche se in extremis, c'è ancora tempo per agire con ragionevolezza e fermare questa legge che la maggioranza del popolo italiano non vuole.

EDITORIALE DI SamizdatOnLine

giovedì 25 febbraio 2016

IL PRESENTE FA LA STORIA - Avvocato GIUSEPPE ZOLA

3' incontro di " PER UN PERCORSO ELEMENTARE DI CULTURA"
Tenutosi a Cesena il 19 febbraio 2016 presso la Sala Cacciaguerra del Credito Cooperativo Romagnolo, il percorso è guidato da Don Agostino Tisselli e prevede altri 2 incontri finalizzati ad un chiaro sviluppo e allargamento della coscienza che possa superare l'individualismo oggi dilagante. L'impegno della cultura è strada sicura per ritrovare e affermare la dignità della persona umana.


UNA SOCIETA' OMOLOGATA, SAZIA, POTENTE E CINICA

MA PER FORTUNA LA REALTA' E' SEMPRE PIU' GRANDE DEI DESIDERI UMANI

di fr. Antonio Iannaccone da “LACROCE” 25/2/2016

E’già successo nella recente storia italiana che il clima politico e sociale si surriscaldasse, ma probabilmente non era mai successo che tante regole e consuetudini democratiche fossero violate contemporaneamente.
A memoria, per nessun’altra legge della Repubblica si è arrivati a un simile cumulo di forzature: viene messo al voto un testo di legge mai discusso in Commissione (prima volta nella storia), con proposta di abolire anche la discussione parlamentare (emendamento “canguro”, per ora rimandato), su pressione di un governo che non è stato eletto dal popolo, addirittura violando la stessa Carta Costituzionale (come evidenziato dallo stesso presidente della Repubblica).

Inoltre, tale voto avviene nello spregio totale di due delle più grandi manifestazioni di popolo della storia italiana tenutesi a distanza di pochi mesi. Come se non bastasse, infine, il tutto è condito da un’intimidazione costante (dove l’insulto al cattolico è ormai rivendicato apertamente come un diritto) in tutti i luoghi del dibattito pubblico, tanto più crescente quanto più si afferma la banalità della realtà (ad esempio che un bambino deve avere una mamma e un papà).
 
Inevitabile chiedersi: perché? In nome di quale oscuro idolo diventa tutto sacrificabile, Costituzione, popolo, libertà d’opinione e persino le evidenze più elementari?
La risposta è nella domanda: solo un idolo, ovvero un’ideologia religiosa può spiegare questa cieca sottomissione di tutta la realtà ad un unico principio. Paradossalmente, è un ateo, Galimberti – eletto sul web a furor di popolo come ideologo più efficace del “matrimonio omosessuale” – a portare la discussione sul terreno dello scontro religioso.
In più di un intervento televisivo, infatti, il filosofo ha affermato che il Cattolicesimo pecca di “materialismo” perché lega l’amore all’atto sessuale e quindi fa della maternità (e della paternità) un fatto biologico, carnale e non spirituale.

 Ecco quindi il passaggio necessario che la società italiana deve compiere: liberarsi della famiglia carnale cristiana e affermare come punto di riferimento per la società una neo-famiglia, liberata dalla carne, in cui l’unica cosa che comanda è l’amore “spirituale”: così, “genitore” è chi ama e si prende cura di un bambino anche se non lo ha generato fisicamente, “marito” (o moglie) è chi ama un’altra persona anche se non gli è fisicamente complementare e così via.

Insomma, dietro l’infaticabile accanimento per i diritti gay si nasconde una vera e propria religione, che si potrebbe definire “post-cristiana”, perché riprende l’essenza divina del Cristianesimo, l’amore, ma lo rivoluziona e lo ricostruisce in chiave postmoderna, nella forma dell’“amore senza carne”.

Ma come siamo arrivati a questa onnipresente e intollerante religione?
L’assunto di partenza è un dogma indiscutibile (pena l’esclusione immediata dal consesso civile): l’annullamento del dramma omosessuale da parte della cultura postmoderna.
Prima degli anni ’70, era presente alla coscienza comune la contraddizione dell’amore omosessuale: esso è infatti allo stesso tempo attratto e respinto dalla carne, la quale dà luogo al desiderio fisico ma non alla generazione.
Intorno agli anni ’70 il dramma è stato dichiarato improvvisamente inesistente. In base a quale idea? Semplice.
Se il “problema omosessuale” è nella carne, sia eliminata la carne e così sarà eliminato anche il problema. In tal modo – questo il retro-pensiero post-moderno – si ottengono magicamente: la perfetta uguaglianza tra l’amore omosessuale e l’amore uomo-donna (una volta eliminate la differenza carnale e la generazione non c’è differenza), la perfetta carità alla persona omosessuale (liberata istantaneamente dal dramma) e persino la purezza di un amore totalmente spirituale liberato dai vincoli della materia e della natura. Che volere di più e con meno fatica?

 Rimane un unico nodo da sciogliere: in mancanza della carne che sanciva la “verità” del precedente amore uomo-donna, che cosa decreta la “verità” di questo nuovo amore? La risposta possibile è una sola: lo Stato.

Siamo arrivati al dunque. La legge è infine l’unico modo con cui la nuova religione può diventare vera ed ecco quindi da dove viene l’accanimento senza precedenti contro qualsiasi ostacolo si opponga alla sua approvazione: tutto passa in secondo piano di fronte alla religione che sancisce per decreto il nuovo amore puro, egualitario e ultra-caritatevole verso il dramma omosessuale.
Ma allora – come ripetono a reti unificate gli onnipresenti sacerdoti della neo-religione – perché i cattolici non capiscono la bellezza di questa soluzione magica?

Ovvero, come chiede ora anche il premier Renzi: «Che male vi fa riconoscere un altro amore?».
Il male sta nel fatto che o si afferma che l’amore ha una carne – e allora l’amore uomo- donna è unico – o si dice che non ce l’ha – e allora l’amore uomo-donna diventa un nulla per la società in quanto perde la sua unicità, ovvero la sua essenza. In questo senso ha ragione Galimberti: i cristiani hanno enormemente a cuore questa carnalità dell’amore.
Si può dire infatti che il Cristianesimo nasce per dire all’uomo proprio questo: che l’amore non è fatto da lui, ovvero ciò che egli desidera è “un altro” e questo altro ha un nome e un volto impressi nella carne, Cristo. In questo senso l’unicità dell’amore uomo-donna rispetto a qualsiasi altra affezione ribadisce proprio questo: ogni uomo ha bisogno di un altro, differente nella carne, irriducibile alle sue pretese e attese.

Oggi, l’Occidente, ovvero la civiltà nata da questa scoperta, la civiltà che più di ogni altra è stata impregnata totalmente da questa novità dell’Amore che si fa carne per lasciarsi trovare dall’uomo, rovescia questa notizia, la capovolge nel suo contrario.
L’amore cercato dall’uomo deve disincarnarsi, deve diventare puro spirito e questo spirito deve coincidere con la pura soggettività umana. Si tratta di una grande tentazione religiosa: liberare l’amore cristiano dalla carne della differenza sessuale (e, quindi, di Cristo, la Bellezza di cui la donna è segno) per farne un’avventura della coscienza umana resa autonoma da tutto e caritatevole verso tutti i desideri; e poi rendere tutto “vero” modificando per legge la definizione del luogo in cui questo amore vive, la famiglia. 

Ma per fortuna la realtà è sempre più grande dei desideri umani, a cominciare da quell’inconcepibile mistero per cui dalla carne di una donna esce fuori un’altra carne libera nell’universo: il figlio, che nessuna ideologia o legge o anche religione potrà mai assoggettare.
Ci pensino i parlamentari che voteranno la legge Cirinnà: qualsiasi norma che definisca una nuova famiglia – unione o dico o patto che sia – introdurrà un’enorme ferita nella carne dell’amore umano, che potrebbe essere irreversibile.

UMBERTO ECO LA TRISTE PARABOLA DI UN NOMINALISTA

da Corrispondenza romana
  Roberto de Mattei

Il 23 febbraio 2016 si è svolto a Milano il “funerale laico” dello scrittore Umberto Eco, morto il 19 febbraio a 84 anni. Eco è stato uno dei peggiori prodotti della cultura torinese ed italiana del XX secolo. La sua ascendenza torinese va sottolineata perché il Piemonte è stato una fucina di grandi santi nel XIX secolo, ma anche di intellettuali laicisti e anti-cattolici nel ventesimo.
La “scuola torinese”, ben descritta da Augusto Del Noce, è passata, grazie all’influsso di Antonio Gramsci (1891-1937) e di Piero Gobetti (1901-1925), dall’idealismo al marx-illuminismo, mantenendo sempre la sua anima immanentista ed anti-cattolica. Nel secondo dopoguerra, questa linea culturale esercitò un’egemonia talmente forte da attrarre a sé non pochi cattolici. Umberto Eco, nato ad Alessandria nel 1932, dirigente diocesano a 16 anni dell’Azione Cattolica, era, come egli stesso ricorda, non solo un attivista, ma «un credente da comunione quotidiana».
Partecipò alla campagna elettorale del 1948 attaccando manifesti e distribuendo volantini anticomunisti. Collaborò quindi con la presidenza dell’Azione Cattolica a Roma, mentre studiava all’Università di Torino, dove si laureò nel 1954, con una tesi sull’estetica di San Tommaso d’Aquino, poi pubblicata nel suo unico libro che valga la pena di leggere (Il problema estetico in san Tommaso, 1956).

È in quell’anno 1954 che egli abbandonò la fede cattolica. Come maturò la sua apostasia? Di certo essa fu ragionata, convinta e definitiva. Eco disse con irrisione di aver perso la fede leggendo san Tommaso d’Aquino. Ma la fede non si perde, si rifiuta e, alle origini del suo allontanamento dalla verità non c’è san Tommaso, ma il nominalismo filosofico, che è un’interpretazione decadente e deformata della dottrina tomista. Eco rimase fino alla fine un nominalista radicale, per il quale non esistono verità universali, ma solo nomi, segni, convenzioni. Guglielmo di Occam, il padre del nominalismo, è raffigurato in Guglielmo da Baskerville, il protagonista del suo romanzo più celebre, Il nome della rosa (1940), che si chiude con un motto nominalista: «Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus».
L’essenza della rosa (come di ogni cosa) si riduce a un nome; noi non abbiamo che nomi, apparenze, illusioni, nessuna verità e nessuna certezza. Un altro personaggio del romanzo, Adso, afferma che «Gott ist ein lautes Nichts», “Dio è un puro nulla”. Tutto in ultima analisi è gioco, danza sul nulla. Questo concetto è lo stesso di un altro romanzo filosofico, Il pendolo di Foucault (1989). Dietro la metafora del pendolo c’è un Dio che si confonde con nulla, il male, il buio assoluto.

UNIONI CIVILI CHI HA VINTO E CHI HA PERSO

DI  ASSUNTINA MORRESI
24 Febbraio 2016
Chi ha vinto e chi ha perso nella legge sulle unioni civili del governo Renzi?
Per capirlo basta leggere i commenti.
Il più sintetico, un tweet della senatrice del Pd Laura Cantini, che in pochi caratteri spiega bene:
"L'emendamento del governo salva i punti salienti del ddl Cirinnà. Domani una legge storica, poi al lavoro per riformare le adozioni".
E il senatore del pd Sergio Lo Giudice (quello che vuole adottare il figlio biologico del compagno, avuto con regolare contratto di affitto di utero), conferma: "Ho visto la bozza del maxi emendamento e, a parte lo stralcio delle adozioni, il resto del ddl resta uguale. Mi sembra che il testo possa andare".
Da parte sua, Maurizio Sacconi, coerentemente con le sue battaglie su questi temi (anche se, a differenza di Giovanardi, Quagliariello e Roccella non è uscito da Ncd), ha dichiarato che non voterà la fiducia, e spiega perchè:
"Non voterò la fiducia per ragioni di metodo e ancor più di sostanza. Essa mi appare uno strumento politicamente improprio per una materia che investe principi fondamentali rispetto ai quali ciascuno deve obbedire solo alla propria coscienza. E la mia coscienza laica mi impone di difendere l'antropologia naturale rispetto ad una deriva nella giurisprudenza e nei comportamenti sociali in aperto conflitto con sentimenti profondi della nazione. Resto, come i più, favorevole a regolare tutte le convivenze e contrario a innovare la procreazione e la genitorialità.
Nel testo sono ampie le sovrapposizioni tra unioni e matrimoni così da costituire le premesse per una giurisprudenza costante in favore delle adozioni omosessuali. Le sovrapposizioni riguardano: il rito con i testimoni e la lettura degli stessi articoli del codice civile, il cognome unico, il comune indirizzo familiare e sottolineo familiare, la presunzione di comunione dei beni, la quota di legittima nell'eredità, la pensione di reversibilità negata peraltro alle stabili convivenze eterosessuali con figli, le cause di impedimento. E se miagola come un gatto non può che essere un gatto".
E infatti il maxiemendamento miagola che è un piacere.
Più dettagliatamente, nell'agenzia riportata di seguito c'è la descrizione delle trattative, molto illuminanti. Ap (NCD+UDC)  ottiene l’eliminazione della stepchild adoption e l’obbligo di fedeltà (e su quest’ultima ci risparmiamo le battute, ma solo per ora, possiamo però dare sfogo alla fantasia, e chiederci, nel frattempo, ma che caspita di vittoria sarebbe, quella di eliminare l’obbligo di fedeltà? Qualcuno lo aveva chiesto?) ma perde su tutto il resto:
Sono serviti diversi vertici, riunioni e contro-riunioni per raggiungere la quadra. Al termine di una lunga giornata di trattative, con momenti anche di forte tensione, Pd e Area popolare siglano l'intesa e mettono nero su bianco, nel maxiemendamento del governo, l'accordo raggiunto per approvare con i voti della maggioranza la legge sulle Unioni civili. Dal testo spariscono le adozioni e viene eliminato l'obbligo di fedeltà per i partner dell'unione civile. Due punti fortemente voluti da Area popolare.
Ma il Pd resiste sulle altre richieste (tra cui un ammorbidimento dei diritti successori), prima fra tutte quella di limitare, con una norma ad hoc, il campo d'azione dei giudici ordinari, per evitare che la stepchild adoption venga di fatto riconosciuta dalla magistratura.
A mantenere la linea sono il ministro Boschi e il collega Orlando, che non cedono di un millimetro. Alla fine, Ap incassa due vittorie (stop adozioni e fedeltà), ma deve cedere sul resto:
nel testo del maxiemendamento
  • resta la separazione lampo,
  • resta la possibilità di aggiungere al proprio il cognome del partner,
  • resta il mantenimento.
  • Spariscono, come già prevedevano gli emendamenti Lumia per evitare i rischi di incostituzionalità, tutti i riferimenti agli articoli del codice civile sul matrimonio.
  • Si rimanda, invece, agli articoli 2 e 3 della Costituzione.

 Esulta il premier Matteo Renzi: "L'accordo è un fatto storico", scrive su twitter. Anche Alfano si intesta la vittoria: "Oggi vince il buon senso". Ma al di la' delle dichiarazioni ufficiali, e' palpabile la soddisfazione del governo (area Pd) per essere riusciti ad uscire dalla palude in cui rischiavano di impantanarsi per mesi le Unioni Civili. Soddisfazione pari a quella dei centristi, che sbandierano la loro "vittoria su tutta la linea", non solo per aver eliminato le adozioni, ma anche per aver riportato l'intesa nell'alveo della maggioranza di governo. Il capogruppo Pd Zanda ricorda che le adozioni saranno inserite in una legge ad hoc, che "avrà corsia preferenziale e sarà approvata entro la legislatura". Tacciono, almeno pubblicamente, i cattodem, ma i loro volti non nascondono la soddisfazione. Parlano, invece, i Giovani turchi, secondo i quali "sono state rigorosamente mantenute le condizioni da noi poste".

Commento riassuntivo su l’Occidentale, che significativamente titola: Unioni civili: Ncd balla sulla testa del Family Day


domenica 21 febbraio 2016

IL GIULLARE DELL’APOCALISSE


  Umberto Eco è ora al cospetto di Dio, al cospetto dell’Essere, non di quel nulla che lui ha costantemente insegnato. Se la vedranno loro due. 

Tuttavia tutta la retorica sparsa nei media, fa tornare alla mente uno straordinario volantino degli universitari di CL di Bologna, dopo una lectio magistralis di Eco del 1994 all’inaugurazione dell’anno accademico: “Il Giullare dell’Apocalisse, ovveo quando il falso diventa scienza” .
Ecco uno stralcio:


"I nostri più fervidi ringraziamenti per la dovizia di particolari, la splendida coreografia allestita da Umberto Eco: in un’ora scarsa è riuscito a leggere un’intera bibliografia senza annoiare l’uditorio.  A sentirlo, la storia s'è mossa solo perché qualcuno voleva giocare e, a seconda dei secoli, ha operato finte donazioni, finte sette segrete, finti regni d'oltre confini, finte cosmologie, finte alchimie; e tutto questo 'finto' ha creato qualcosa, Sacro Romano Impero, scoperte geografiche e astronomiche, chimica, ecc. Che sia falso anche Eco? ci siamo chiesti... A sentirlo, dunque, tutto è accaduto per hobby. Allora, se tutto è un giro di giostra, perché e per chi esiste l'Università?... Perché perdere cinque-sei anni dentro questo box di giochi falsi?... Per la forza che in sé ha il falso?"


Leggendolo Don Giussani si entusiasmò (nelle pagg. 244-248 di “In cammino”, Bur, Luigi Giussani, Rizzoli, 2014) e aggiunse:” Chi parte col giudizio che la realtà è un falso, e falso lui, perché la realtà non si presenta all’uomo come falso: si presenta come “è”, si presenta come positività…. Da dove i nostri amici di Bologna trovano l’appoggio per dire che far famiglia, fare figli, lavorae, costruire è positività? Nella realtà! E dove emerge la realtà? Nell’esperienza. Chi non parte così parte da un preconcetto che gli può anche far fare i miliardi, ma è un preconcetto…. Non si può dire che la realtà è falsa se non con un’immagine che tu, dal tuo cuore infelice, crei e che obietti ad una realtà in cui c’è il sole, ci sono le stelle, il padre, la madre e soprattutto questo desiderio inesauribile di felicità, di bellezza di amore, in cui la stoffa del nostro respiro, il nostro respiro di uomini, consiste. La risposta dei nostri amici di Bologna è vera, perché parte dalla loro esperienza, perché essi accostano la realtà come emerge dalla loro esperienza.”

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venerdì 19 febbraio 2016

PERCHÉ LA REPUBBLICA DI CALABRESI SBAGLIA SU UTERO IN AFFITTO E STEPCHILD ADOPTION


 Mario Adinolfi

Il commento del direttore del quotidiano La Croce

Caro Calabresi, ho letto il tuo editoriale “Unioni civili, metterci la faccia” ( QUI ) con molta attenzione. Scrivi raramente e so che quando accade è per inviare un indirizzo preciso, che ha peso: il tuo e quello del giornale che dirigi. Il senso dell’articolo mi è chiaro: è un richiamo esplicito a Matteo Renzi affinché prenda in mano le operazioni e conduca in porto una legge sulle unioni civili che, in assenza del suo esplicito agire, è andata ad incagliarsi per via delle doti che eufemisticamente possiamo definire dilettantesche degli attendenti da campo a cui il premier ha affidato la guida della battaglia. (...) 


Non sono ingenuo, so che il richiamo così esplicito del direttore di Repubblica al premier affinché si esponga personalmente serve a rimuovere quelle remore che conosci e percepisci. Ora Renzi non potrà sottrarsi e si esporrà, a partire dall’assemblea nazionale del Pd programmata per domenica. Però, caro Calabresi, permettimi: sono proprio le argomentazioni che usi nel tuo scritto a non essere convincenti, a suonare come una sorta di ricatto.

Apri il tuo articolo citando il caso di una convivente che non ha potuto assistere il compagno in ospedale, impostando i toni dello scritto sul ricatto emotivo. Tralascio il fatto che la legge 91 del 1999 consente esplicitamente “ai conviventi more uxorio” di stare vicino al partner in ospedale (e una sentenza del 2012 ha specificato che tale diritto è anche dell’eventuale partner omosessuale) e che dal 1989 una legge voluta dalla tanto vituperata Democrazia Cristiana certifica all’anagrafe la condizione di convivenza, che può essere fatta valere nei tanto citati (a sproposito) casi retorici dell’ospedale e del carcere.
Ma sai benissimo che il ddl Cirinnà prevede l’unione civile per i soli omosessuali, se non sei omosessuale niente diritti, niente stepchild adoption, niente reversibilità della pensione. Quindi quando citi nell’incipit dell’articolo le “900.000 coppie di fatto” che ci sarebbero nel paese avresti dovuto per onestà intellettuale specificare che per 892.500 di esse poco o nulla cambia, visto che la citata “seconda parte della legge” relativa ai conviventi maschio-femmina è davvero acqua fresca (anche giustamente, visto che costoro possono se vogliono accedere all’istituto del matrimonio).
            Tutto questo casino che ha spaccato drammaticamente il Paese è costruito per 7.513 coppie omosessuali stabilmente conviventi (dati censimento Istat), con 529 minori, nella stragrande maggioranza dei casi provenienti da precedenti rapporti eterosessuali e dunque già dotati di un papà e di una mamma. Poiché, almeno per ora, non è previsto che un figlio possa avere tre genitori, la questione “stepchild adoption” riguarda poco più di duecento bambini: una trentina provenienti da pratiche di utero in affitto e presenti in un ménage di coppie gay, duecento derivanti da fecondazioni eterologhe e presenti in un contesto di coppia lesbica. Questo è il quadro reale, numerico, della questione. Parlare di 900.000 coppie di fatto nell’incipit dell’articolo significa costruire un clima giornalisticamente distorto per giustificare i passaggi successivi.
Detto questo, penso che se anche un solo bambino fosse privato di qualche diritto per colpa dell’orientamento sessuale delle persone con cui vive, ciò sarebbe un crimine. E allora passiamo in rassegna i diritti dei bambini che vivono in contesti omosessuali. Di quali diritti sono privati? Non possono andare a scuola? Non hanno diritto all’assistenza sanitaria? Sono privati delle vaccinazioni? C’è un solo diritto che spetta alle mie figlie che non sia riconosciuto anche al bambino che vive in un ménage gay o lesbico? Ovviamente no. Il ddl Cirinnà, quello sì, costruirebbe se approvato la negazione di un diritto del bambino: quello a sapere che è figlio di una mamma e di un papà, come tutti, spacciandogli invece per vero ciò che è platealmente falso e cioè che sarebbe nato da due uomini o da due donne.
Nel tuo articolo appare chiaro che esiste una sola posizione legittima, quella del sostegno al ddl Cirinnà, un solo esito legittimo, quello dell’approvazione del ddl Cirinnà, una sola mossa legittima, quella di un Renzi esplicitamente e personalmente a capo di qualsiasi forzatura serva a portare al traguardo il ddl Cirinnà.

E invece, caro Calabresi, esiste la posizione dei contrari. Ed è altrettanto legittima ed è radicata in termini popolari e bastava farsi un giro al Circo Massimo il 30 gennaio scorso per notare che non è in nessun modo assimilabile a posizioni retrograde, faziose, estremiste. Milioni di famiglie italiane guardano con sgomento alla vostra superficialità, al vostro sostegno all’agire di governanti che in questa 17esima legislatura repubblicana sono stati capaci di produrre solo norme contro la famiglia, dal divorzio breve a questo orrendo e incostituzionale ddl Cirinnà. E sei tu ad operare una clamorosa falsificazione quando scrivi che nel ddl in discussione “non si parla mai di utero in affitto”, perché basta vedere i sette minuti di intervista rilasciati da un senatore e dal suo compagno a Le Iene, con il racconto nudo e crudo della pratica da loro eseguita all’estero comprando per centomila euro una donna e un bambino, in cui si ammette che la stepchild adoption serve a loro per legittimare in Italia quel che oggi non possono nemmeno dichiarare e cioè che quel figlio è figlio di due papà e di nessuna mamma, privandolo per sempre di un diritto che quel bambino ha.

Spero che Renzi ci metta la faccia, come gli chiedi tu, ma per dire al Paese che il ddl Cirinnà torna in commissione, perché c’è bisogno di tempo per riflettere. Sarà la fine di una brutta legge e la chiusura di una brutta pagina della democrazia italiana. Con ogni probabilità non andrà così, le forzature continueranno e alla fine il popolo potrebbe pure essere soverchiato dalla consueta prepotenza di qualche autoproclamata élite. E allora al popolo resterà una sola arma: la memoria. Molto prima di quel che credi, e con grave danno per Matteo Renzi, la utilizzerà.
la versione integrale dell'articolo


IL VERO MISTERO DI RENZI

LA CARRIERA DELLA SEN. CIRINNÀ
di Maurizio Crippa dal foglio quotidiano | 18 Febbraio 2016 ore 06:18

ZANDA: e questo chi lo pettina?
Ha iniziato alle scuole delle suore ma poi, “nonostante le opposizioni materne”, è riuscita a trasferirsi al liceo statale, dove ha “scoperto il movimento studentesco”. Aneddotica così banale, per una ragazza nata nei Sixties, che fa ridere trovarla nel suo profilo ufficiale, adesso che è senatrice. Del resto, è la cosa più rilevante che abbia fatto, politicamente parlando, oltre a essersi occupata per vent’anni di diritti degli animali al comune di Roma. Più che la parità delle donne, sono convinto che servirebbe un ddl per sancirne sic et simpliciter la superiorità; ma ciò non leva il dubbio, qualcosa più di un dubbio, che la signora Esterino Montino sarebbe un caso di sopravvalutazione anche in una biofattoria maremmana, al di là di ogni distinzione di genere.

Il vero mistero di Matteo Renzi non è cosa si dica con Verdini, o di chi siano le banche toscane, o che ci facesse alla “Ruota della fortuna”. Il vero mistero è come gli sia venuto in mente di affidare una legge così importante a un talento della non-politica come Monica Cirinnà, trasferita dai gattari di Roma e dai diritti dei vegani alla regolamentazione delle pluriformi unioni tra gli esseri umani.

Così ieri, quando l’insigne giurista del Pd ha dichiarato: “Ho sbagliato e pagherò. Il mio errore è stato fidarmi dei Cinque stelle. Chiudo con questo scivolone la mia carriera politica”, dagli scaffali di tutte le biblioteche tutti i manuali di politologia, civilmente uniti, hanno gridato: hurrah!
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