lunedì 30 maggio 2016

LASCIARE APERTA LA PORTA AL MISTERO

Qualche giorno fa Denis Ugolini, noto uomo politico cesenate, ha depositato presso un notaio il suo testamento biologico. Un passo per accellerare il percorso politico per l’approvazione dell’eutanasia. Il giorno dopo il Sindaco di Cesena lo ha ringraziato pubblicamente per questa coraggiosa “dichiarazione anticipata di trattamento”

L’avvocato Stefano Spinelli con questa lettera ai giornali ha preso una posizione precisa.

Caro Denis,
seguo con affetto e partecipazione il tuo percorso umano e il tuo impegno politico. Ho sempre apprezzato la tua passione e disponibilità nel costruire la società in cui credi e soprattutto le energie messe a disposizione per uno scopo che vada oltre le proprie piccole beghe personali e quotidiane. Non a caso, il nome della tua rivista “Energie Nuove per la città”, alle cui pagine mi hai dato recentemente la possibilità di contribuire, ti rappresenta.
 
Denis Ugolini
Leggo che hai chiesto e ottenuto dal Sindaco l’istituzione del registro comunale del testamento biologico e che, primo, hai sottoscritto la tua dichiarazione.

Permettimi di ricordare, prima di tutto a me stesso, a te, al Sindaco e a chiunque abbia a cuore il bene comune, che questa tua battaglia – e tu stesso la definisce tale, quando parli di segnale politico per una nuova legge in materia – pur esprimendo un’enorme domanda dell’uomo davanti al mistero del dolore e della morte, tuttavia non credo rappresenti umanamente e ragionevolmente la risposta.

Le posizioni che si possono assumere davanti a dichiarazioni con le quali si sottoscrive l’accettazione o il rifiuto di terapie mediche, in caso di patologie che facciano perdere l’autodeterminazione, sono di due tipi: a) esse possono riguardare il rifiuto di terapie “sproporzionate o sperimentali” (accanimento terapeutico); b) oppure possono avere a oggetto il rifiuto di qualunque trattamento, anche di terapie proporzionate ed efficaci, o di sostentamenti vitali di base; in questo secondo caso, aprendosi al riconoscimento di ipotesi di eutanasia.

Con il testamento biologico siamo in questa seconda ipotesi: “la libertà della persona rispetto alle terapie è una libertà assoluta” ed il suo riconoscimento obbliga altre persone – e per cominciare gli stessi medici, la cui azione è deontologicamente rivolta invece alla cura dei pazienti e al miglioramento delle loro condizioni di vita – a rispettare la volontà espressa, anche se dovesse portare a morte prematura o anticipata, evitabile con trattamenti del tutto proporzionati e salva vita.

La tua battaglia – caro Denis – dovrebbe rappresentare la risposta di oggi al dolore umano.
Ma qui è il punto. Se si comincia a sindacare quale livello di condizione particolare può essere considerata “non degna di essere vissuta”, o quale livello di sofferenza “non più sopportabile”, chi mai potrà stabilire in quali casi la vita è tale?
Perché mai dovrebbe beneficiare dell’aiuto a interrompere anticipatamente la propria vita chi si trova in situazioni ritenute dai più “pietose” (coma, malattia o inabilità grave), piuttosto che, più semplicemente, chiunque si trovi in situazioni “soggettivamente” non sopportabili e voglia consapevolmente porre termine anticipatamente ai propri giorni e lo chieda espressamente?
Esistono già proposte di eutanasia legale pendenti nel nostro Parlamento.
Sancire che ciascuno ha diritto di scegliere come e quando morire significa che la comunità civile deve garantire che detta volontà venga attuata.
Neppure più per pietà, ma per diritto, per conquista civile.

Ebbene, questa non è la risposta ragionevole al mistero umano.
Sin dall’origine l’uomo, usando il proprio cuore e la propria ragione, ha avvertito che dare la morte ad altri, anche dietro loro richiesta, non è corrispondente all’esigenza umana più profonda e vera, non è la soluzione (mi riferisco al giuramento di Ippocrate, 420 a. C.).

Credo si debba preferire una cultura della cura a una prassi dell’abbandono.
Ti chiedo di lasciare aperta la porta al mistero.


Stefano Spinelli

sabato 28 maggio 2016

CAFFARRA A TUTTO CAMPO: AMORIS LAETITIA, FAMIGLIA, UNIONI CIVILI



di Marco Ferraresi LANUOVABUSSOLA 25-05-2016


Parlare di famiglia non è mai stato così complicato. Persino dentro la Chiesa. Fa problema anzitutto l’oggetto del discorso: cosa è veramente famiglia? E come pretendere che non vi sia confusione nella società civile, se pure nella Chiesa si oscurano talora verità fondamentali sul matrimonio? La controversia sul cap. VIII dell’esortazione Amoris Laetitia di Papa Francesco e la recente legge italiana sulle unioni civili destano sconcerto.

Ne parliamo con il Card. Carlo Caffarra, Arcivescovo emerito di Bologna. Caffarra è stato fondatore e Preside dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia. Già partecipante come esperto al Sinodo dei vescovi sulla famiglia del 1980, è membro di nomina pontificia ai Sinodi del 2014 e del 2015. Risponde alle domande con la semplicità e la franchezza degli uomini della sua terra: “Quella fettaccia di terra tra il grande fiume e la grande strada”, dice orgogliosamente citando Guareschi.
Eminenza, cos’è la famiglia?
E’ la società che trae origine dal matrimonio, patto indissolubile tra un uomo e una donna, che ha la finalità di unire i coniugi e trasmettere la vita umana.
Da un’unione civile, secondo la legge Cirinnà nasce una famiglia?
No. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, firmando questa legge, ha sottoscritto una ridefinizione del matrimonio. Ma un provvedimento normativo non cambia la realtà delle cose. Occorre dirlo: i sindaci (soprattutto, naturalmente, quelli cattolici) devono fare obiezione di coscienza. Celebrando un’unione civile si renderebbero infatti corresponsabili di un atto gravemente illecito sul piano morale.

Perché questa crisi di identità della famiglia in Occidente?
Me lo chiedo spesso, ma non ho una risposta esaustiva. Comunque, una concausa è un processo di “debiologizzazione”, per il quale non si ritiene più che il corpo abbia un linguaggio (e dunque un significato) oggettivo. Questo significato viene così determinato dalla libertà della persona. Si è spezzato,nella coscienza occidentale, il legame tra bios e logos.
In una prospettiva di fede, non vi sono pure cause soprannaturali?
Nel 1981 stavo fondando per volontà di San Giovanni Paolo II l’Istituto per gli studi sul matrimonio e la famiglia. La fondazione era prevista per il 13 maggio, data della prima apparizione della Madonna a Fatima. Il Papa in quel giorno subì l’attentato, da cui uscì miracolosamente salvo per grazia – a dire dello stesso Pontefice – della Madonna. Dopo i primi anni di vita dell’Istituto, scrissi a suor Lucia, la veggente di Fatima, chiedendo preghiere per l’opera, e aggiungendo che non aspettavo risposta. Una risposta però arrivò comunque.
Che cosa le rispose?
Suor Lucia scrisse – e, vorrei sottolineare, siamo  nei primi anni ’80 – che vi sarebbe stato un tempo di uno “scontro finale” tra il Signore e Satana. E il terreno di scontro sarebbe stato costituito dal matrimonio e dalla famiglia. Aggiunse che coloro i quali avrebbero lottato per il matrimonio e la famiglia sarebbero stati perseguitati. Ma anche che costoro non avrebbero dovuto temere, perché la Madonna ha già schiacciato la testa al serpente infernale.

Parole profetiche: è quello che sta accadendo?
Viviamo una situazione inedita. Mai era accaduto che si ridefinisse il matrimonio. E’ Satana che sfida Dio, come dicendo: “Vedi? Tu proponi la tua creazione. Ma io ti dimostro che costituisco una creazione alternativa. E vedrai che gli uomini diranno: si sta meglio così”. L’arco intero della creazione si regge, secondo la Scrittura, su due colonne: il matrimonio ed il lavoro umano. Non è ora nostro tema il secondo, pure soggetto ad una “crisi definitoria”; per quanto qui concerne, il matrimonio è stato istituzionalmente distrutto.
La Chiesa può rispondere a simile sfida?
Deve rispondere, per ragioni direi strutturali. La Chiesa si interessa del matrimonio perché il Signore l’ha elevato a sacramento. Cristo stesso unisce gli sposi. Si badi, non è una metafora: secondo le parole di San Paolo, nel matrimonio il vincolo tra gli sposi si innesta nel vincolo sponsale tra Cristo e la Chiesa, e viceversa. L’indissolubilità non è anzitutto una questione morale (“gli sposi non devono separarsi”), ma ontologica: il sacramento opera una trasformazione nei coniugi. Sicché, dice la Scrittura, non sono più due, ma uno. Questo è detto chiaramente in Amoris Laetitia (par. 71-75). Il sacramento, poi, infonde negli sposi la carità coniugale. E di questo parlano benissimo i capitoli IV e V dell’Esortazione. Inoltre, il sacramento costituisce gli sposi in uno Stato di vita pubblico nella Chiesa e nella società. Come ogni Stato di vita nella Chiesa, anche lo Stato coniugale ha una missione: il dono della vita, che si continua nell’educazione dei figli. Qui il capitolo VII diAmoris Laetitia colma addirittura, a mio avviso, una lacuna nel dibattito dei vescovi al Sinodo.

In pratica, cosa dovrebbe fare la Chiesa?
Una sola cosa: comunicare il Vangelo del matrimonio. Ho detto “comunicare”, perché non si tratta solo di un evento linguistico. La comunicazione del Vangelo significa guarire l’uomo e la donna dalla loro incapacità di amarsi e introdurli nel grande Mistero di Cristo e la Chiesa. Questa comunicazione avviene attraverso l’Annuncio e la catechesi; e attraverso i Sacramenti. Ci sono persone che, dopo una catechesi sul Sacramento del Matrimonio, vengono a dirmi: perché nessuno mi ha mai parlato di queste realtà meravigliose? I giovani, soprattutto, devono essere al centro delle nostre preoccupazioni. La questione educativa in materia è “la” questione decisiva. Il Papa ne parla ampiamente nei par. 205-211.
Eminenza, che dire della questione dell’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati? Il Papa ne tratta al cap. VIII, del quale sono state offerte però letture contrapposte.
Anzitutto, vorrei sottolineare che il Papa stesso nel par. 307 afferma che, prima di occuparci dei matrimoni falliti, dobbiamo preoccuparci di quelli da costruire. E, aggiungo, il problema della sua domanda resta quantitativamente limitato. Certo, sul piano dottrinale è tutt’altro che da trascurare. A tal proposito, rispondo a partire da quattro premesse.
1) Il matrimonio è indissolubile. Come dicevo, prima che un obbligo morale, l’indissolubilità è un dato ontologico. Spiace osservare che non tutti i Padri sinodali avessero ben chiaro tale fondamento ontologico.
2) La fedeltà coniugale non è un ideale da raggiungere. La forza di essere fedeli è donata nel sacramento (vi immaginate il marito che dice alla moglie: “Esserti fedeli è un ideale che cerco di raggiungere, ma ancora non riesco”?). Troppe volte si usa in Amoris Laetitia la parola “ideale”, occorre attenzione sul punto.
3) Il matrimonio non è un fatto privato, disponibile dagli sposi. E’ una realtà pubblica per il bene della Chiesa e della società.
4) Il cap. VIII, oggettivamente, non è chiaro. Altrimenti come si spiegherebbe il “conflitto di interpretazioni” accesosi anche tra vescovi? Quando ciò accade, occorre verificare se vi siano altri testi del Magistero più chiari, tenendo a mente un principio: in materia di dottrina della fede e di morale il Magistero non può contraddirsi. Non si devono confondere contraddizione e sviluppo. Se dico S è P e poi dico S non è P, non è che abbia approfondito la prima. L’ho contraddetta.

Amoris Laetitia, dunque, insegna o no che vi sia uno spazio di accesso ai sacramenti per i divorziati risposati?
No. Chi versa in uno stato di vita che oggettivamente contraddice il sacramento dell’Eucaristia, non può accedervi. Come insegna il Magistero precedente, possono invece accedervi coloro che, non potendo soddisfare l’obbligo della separazione (ad es. a causa dell’educazione dei figli nati dalla nuova relazione), vivano in continenza. Questo punto è toccato dal Papa in una nota (la n. 351). Ora, se il Papa avesse voluto mutare il Magistero precedente, che è chiarissimo, avrebbe avuto il dovere, e il dovere grave, di dirlo chiaramente ed espressamente. Non si può con una nota, e di incerto tenore, mutare la disciplina secolare della Chiesa. Sto applicando un principio interpretativo che in Teologia è sempre stato ammesso. Il Magistero incerto si interpreta in continuità con quello precedente.
Dunque, nessuna novità?
La novità, oltre alla possibilità data dal S. Padre di eccepire, a giudizio prudente dei vescovi, ad alcune norme canoniche, è soprattutto nel prendersi cura di questi fratelli divorziati risposati, cercando di imitare il nostro Salvatore nella modalità con cui Egli incontrava le persone più bisognose del “medico” . Il cap. VIII (“accompagnare, discernere, integrare”), a mio modesto avviso, è la guida di questo “prendersi cura”. Non dobbiamo cadere nell’inganno mass-mediatico di ridurre tutto a “Eucarestia sì-Eucarestia no”.


lunedì 23 maggio 2016

LOBBY VIOLENTE CHIESA VILE E FEDE SENZA RAGIONE


intervista a JOHN WATERS

Venerdì scorso il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato la legge Cirinnà sulle cosiddette unioni Civili che si rifanno direttamente alle norme sul matrimonio contenute nel codice civile. «Il prossimo passo della lobby Lgbt sarà l'equiparazione piena, l'adozione dei bambini e l'utero in affitto. Il che creerà un clima da "caccia alle streghe" contro chi osi anche solo dissentire, come avvenuto nel mio paese dopo che, nel 2010, furono approvate». E che, dopo cinque anni, «ha ceduto al sabotaggio della Costituzione». A parlare è John Waters, ex giornalista dell'Irish Times, che ha pagato caro il suo dissenso contro il referendum costituzionale in Irlanda, indetto il 22 maggio dello scorso anno per ridefinire il matrimonio l'unione fra due persone dello stesso sesso. Soffrendo, fuori e dentro la Chiesa, perdendo lavoro e affetti, «fino al un punto in cui non hai più nulla da perdere. É li' che diventi libero e trovi persino conforto e gusto nella battaglia».

Waters, com'è cambiato il clima sociale in Irlanda dopo l'approvazione delle Unioni Civili nel 2010?
«Dal momento in cui furono legalizzate, la lobby Lgbt cominciò immediatamente a chiedere l'“uguaglianza”, affermando che le unioni civili erano inadeguate, un insulto alle persone da loro definite "gay". Spiegarono che esistevano 64 differenze fra queste e il matrimonio, anche se ovviamente nessuno le ha mai elencate. In realtà, volevano sabotare la Costituzione irlandese, facendole dire che due persone dello stesso sesso potevano sposarsi e formare un'istituzione “naturale”, “fondamentale” e “morale”, divenendo un orgoglio per la società irlandese, la “base necessaria all'ordine sociale”, base “indispensabile al welfare della nazione”. Questa propaganda ha generato un clima in cui le persone avevano sempre più paura di affermare il contrario, anche perché la tattica della lobby Lbgt è quella di demonizzare non solo chi è in disaccordo ma chi potrebbe potenzialmente esserlo».

A cosa si deve il cambiamento così repentino della “cattolica” Irlanda?
«La lobby Lgbt irlandese è stata finanziata, come pubblicamente ammesso da una sua associazione, la Glen, con milioni di dollari da un'organizzazione americana, l'Atlantic Philantropies. Questa, negli ultimi dieci anni, ha reso la lobby Lgbt una macchina da guerra operante nel governo e nella società. Anche questo è stato affermato dalla Glen. L'approccio strategico, invece, è stato quello del “salame”: una volta che una fetta è stata digerita, il pubblico ne accetterà e digerirà una seconda. Non è un caso se le forze si sono concentrate su una nazione considerata cattolica. È servito a dimostrare che è possibile vincere ovunque e che la tradizione è ormai sconfitta».

La Chiesa non ha praticamente parlato e se lo ha fatto, nella maggioranza dei casi, ha dato argomentazioni ambigue o addirittura contrarie alla morale naturale. Come mai tanta debolezza?
«La Chiesa, fatta eccezione per un paio di vescovi e sacerdoti coraggiosi, è stata semplicemente codarda, intimidita, come chiunque altro, grazie al consenso totale dei media, del governo e del Parlamento. Anche la vicenda della pedofilia l'ha bloccata: pensando di non avere più il diritto di esprimersi sulle questioni legate alla morale ha commesso un errore ulteriore. Inoltre, la Chiesa irlandese, probabilmente più di tutte, è stata infiltrata dai progressisti, dagli anticlericali e dagli omosessualisti con la prospettiva di imporre l'agenda Lgbt. È questa quella che l'allora cardinal Ratzinger definì “sporcizia”. Ma la combinazione di codardia e di sporcizia, si é diffusa grazie all'ambiguità della gerarchia. Quando il cardinale Parolin ha detto, immediatamente dopo la sconfitta referendaria, che si trattava di “un disastro per l'umanità” non ha affermato nient'altro che la verità. Ma purtroppo ha parlato una settimana in ritardo. Proprio in questi giorni è stato annunciato che il Papa verrà in Irlanda per l'Incontro mondiale delle famiglie. Si vede che ha personalmente scelto il mio Paese per chiedere che sia rispettata la famiglia, ma credo sia troppo tardi: la nostra Costituzione è stata depredata irreparabilmente. La battaglia è finita. Abbiamo perso. E la Chiesa ha ormai fallito, oltre ogni misura».

Lei, da giovane, fuggì da un cristianesimo moralista, per poi tornare indietro riscoprendo la ragionevolezza della fede. Prima si ribellava alle leggi della morale ora è fra i pochi a difenderle. Cosa è successo?
«La storia è lunga e la racconto nel mio libro “Lapsed Agnostic”. La risposta in sintesi, però, è questa: dopo il mio passato da alcolista, sono tornato a guardare a me stesso e alla mia struttura umana come qualcosa di “dato”, qualcosa che non potevo presumere di possedere o controllare, e quindi qualcosa di cui non potevo abusare senza conseguenze terribili su di me. Sono tornato in Chiesa non come “ex membro”, ma perché ho cominciato a riconoscere negli scritti di persone come Joseph Ratzinger e don Luigi Giussani, una forma di comprensione della fede religiosa che rappresentava la mia esperienza. Il modo in cui parlavano del cristianesimo lo ha fatto rivivere in me, dopo anni di disillusione. Ora difendo la moralità che è ben diversa dal moralismo. Il moralismo è ridurre la fede a un insieme di regole da applicare meccanicamente con le proprie forze, mentre la moralità predicata anche da Cristo, nasce dal riconoscimento della bellezza dell'ordine della realtà che abbiamo il dovere di mostrare, difendere e rispettare, per il bene di tutta la società. É la difendo perché sono cristiano, ma il cristianesimo illumina la ragione che é propria di ogni uomo. Tutti possono riconoscerla».

Lei ha perso il lavoro, i suoi amici ed è stato isolato nel mondo mediatico e anche dentro la Chiesa. Ma sopratutto, per ora, ha perso la battaglia politica. Perché allora continua a battersi pubblicamente per la verità?
«Perché, come ci spiega Ratzinger, la verità ha sempre avuto un futuro».

È sicuro che la sua testimonianza abbia un qualche impatto sul mondo?
«Non so se ha impatto, ma so che mi sento come se non potessi far altro che parlare. Qualche volta mi piacerebbe che non fosse così. Ma a meno che non continuiamo a esprimere la verità, così come l'abbiamo ereditata, non faremo che rinviare il suo futuro. Come il filosofo Edmund Burke, mio connazionale, disse: “Tutto quello che serve affinché il male trionfi è che i buoni non facciano nulla”. E poi chi lo sa che anche una sola persona, sentendomi parlare, cominci a fare qualcosa di grande che io non posso fare? Devo poi dire che fra i miei cari, sebbene su altre posizioni, c'e' chi ora si interroga nel vedermi fermo e sicuro anche dopo tutto quello che ho subito».

Cosa l'ha resa certo che aveva ragione quando tutti le dicevano che sbagliava? 
«L'evidenza, l'esperienza: che una foglia é verde, che un uomo é un uomo e non una donna e che il male va combattuto sono verità di cui nemmeno il papa può convincermi del contrario». 

Eppure, tante persone sono incerte dell'evidenza.
«Non è che le persone sono incerte. In certi casi sono state spinte in una sorta di tranche dal potere della propaganda, che è il potere diabolico della menzogna in atto. Ma nel caso della Chiesa non si tratta di questo bensì, ripeto, di pura e semplice codardia. Che poi certo confonde i fedeli».

Che consiglio dà agli italiani?

«È  importante capire che il processo continuerà fino all'ottenimento del matrimonio e dell'adozione e fino all'isolamento di chiunque si dica contrario. Io sono stato licenziato, ma anche insultato pubblicamente e minacciato. È poi vitale comprendere che la battaglia è globale e che non è fra progressisti e conservatori, ma fra chi vuole proteggere la civiltà dagli attacchi di quanti mirano a indebolirle gli esseri umani, distruggendo i loro legami familiari attraverso iniziative contraffatte in difesa dei diritti umani. Combattere così é preservare la verità in noi, per questo la lotta ci rende già vincitori». 

di Benedetta Frigerio TEMPI 22-05-2016

martedì 17 maggio 2016

Basta sanzioni alla Siria e ai Siriani


Clicca QUI per firmare anche tu



https://www.change.org/p/parlamentari-sindaci-basta-sanzioni-alla-siria-e-ai-siriani

Fra le ultime adesioni:

Cari amici,

Questa vostra iniziativa è quello che ci serve di più in questi tempi di prova e di grande sofferenza. Andate avanti in questa urgentissima azione che sarà un aiuto notevole per I nostri poveri cittadini che mancano di tantissime cose a causa di questo incomprensibile boycot. Fare in modo da arrestare questa ingiustizia ci aiuterà molto di più che tantissime navi di aiuti che chiamano umanitari o di fondi mandati come elemosine al nostro popolo che non e mai stato un popolo mendicante.
Sono d'accordo con voi e vi do il mio consenso per andare avanti in questa missione umanitaria di gran rilievo con tutto il mio appoggio.
Che lo Spirito Santo sia con voi in questa Opera di Misericordia e di giustizia.

Aleppo 16 / 5 / 2016.
Metropolite Jean-Clément JEANBART


Archevêque Grec-Catholique d'Alep, Visiteur Apostolique

lunedì 16 maggio 2016

BASTA SANZIONI ALLA SIRIA E AI SIRIANI


 PETIZIONE

Nel 2011 l’Unione Europea, varò le sanzioni contro la Siria, presentandole come “sanzioni a personaggi del regime”, che  imponevano al Paese l’embargo del petrolio, il blocco di ogni transazione finanziaria e il divieto di commerciare moltissimi beni e prodotti. Una misura che dura ancora oggi, anche se, con decisione alquanto inspiegabile, nel 2012 veniva rimosso l’embargo del petrolio dalle aree controllate dall’opposizione armata e jihadista, allo scopo di fornire risorse economiche alle cosiddette “forze rivoluzionarie e dell’opposizione”.
 
Aleppo (ag. Reuters)
In questi cinque anni le sanzioni alla Siria hanno contribuito a distruggere la società siriana condannandola alla fame, alle epidemie, alla miseria, favorendo l’attivismo delle milizie combattenti integraliste e terroriste che oggi colpiscono anche in Europa. E si aggiungono a una guerra, che ha già comportato 250.000 morti e sei milioni di profughi.

La situazione in Siria è disperata. Carenza di generi alimentari, disoccupazione generalizzata, impossibilità di cure mediche, razionamento di acqua potabile, di elettricità. Non solo, l’embargo rende anche impossibile per i siriani stabilitisi all’estero già prima della guerra di spedire denaro ai loro parenti o familiari rimasti in patria. Anche le organizzazioni non governative impegnate in programmi di assistenza sono impossibilitate a spedire denaro ai loro operatori in Siria. Aziende, centrali elettriche, acquedotti, reparti ospedalieri sono costretti a chiudere per l’impossibilità di procurarsi un qualche pezzo di ricambio o benzina.

Oggi i siriani vedono la possibilità di un futuro vivibile per le loro famiglie solo scappando dalla loro terra. Ma, come si vede, anche questa soluzione incontra non poche difficoltà e causa accese controversie all’interno dell’Unione europea. Né può essere la fuga l’unica soluzione che la comunità internazionale sa proporre a questa povera gente.

Così sosteniamo tutte le iniziative umanitarie e di pace che la comunità internazionale sta attuando, in particolare attraverso i difficili negoziati di Ginevra, ma in attesa e nella speranza che tali attese trovino concreta risposta, dopo tante amare delusioni, chiediamo che le sanzioni  che toccano la vita quotidiana di ogni siriano siano immediatamente sospese. L’attesa della sospirata pace non può essere disgiunta da una concreta sollecitudine per quanti oggi soffrono a causa di un embargo il cui peso ricade su un intero popolo.

Non solo:  la retorica sui profughi che scappano dalla guerra siriana appare ipocrita se nello stesso tempo si continua ad affamare, impedire le cure, negare l’acqua potabile, il lavoro, la sicurezza, la dignità a chi rimane in Siria.
Così ci rivolgiamo ai parlamentari e ai sindaci di ogni Paese affinché l’iniquità delle sanzioni alla Siria sia resa nota ai cittadini (oggi assolutamente ignari) e diventare, finalmente,  oggetto di un serio dibattito e di conseguenti deliberazioni.

Prime adesioni:

Padre Georges Abou Khazen – Vicario apostolico dei Latini ad Aleppo

Padre Pierbattista Pizzaballa  – Emerito Custode di Terrasanta

Padre Joseph Tobji  – Arcivescovo maronita di Aleppo

Padre Boutros Marayati – Vescovo armeno di Aleppo

Suore della Congregazione di San Giuseppe dell’Apparizione dell’Ospedale “Saint Louis” di Aleppo

Comunità Monache Trappiste in Siria

Dottor Nabil Antaki – Medico, ad Aleppo, dei Fratelli Maristi


La petizione è in corso di organizzazione attraverso un sito dedicato che vi comunicherò sul blog appena possibile.

Leggete altre informazioni a questo link:
http://www.vietatoparlare.it


sabato 14 maggio 2016

LA FERITA E IL MEDICO

Così anche questo capitolo della battaglia è giunto al termine. Le unioni civili sono state votate, e non penso che sarà il fatto di averlo fatto in modo palesemente anticostituzionale che fermerà i poteri forti che stanno loro dietro.

Per uno come me, che pensa che il fatto cristiano c’entri con tutto, è certamente un dispiacere. Ma so, e lo sapevo ben da prima, che non è certo una legge per quanto ingiusta ed errata che fa la differenza per il cuore umano.
Ci sarà del male in più da redimere, ma questo per Grazia non spetta a noi.
Luca Signorelli, la predica dell'Anticristo

Mi dispiace per quegli omosessuali che sono stati ingannati a credere che un pezzo di carta possa portare loro felicità o soddisfazione. Servirà solo a rendere più profondo il loro male, ma se ne renderanno conto in fretta. Sono stati solo pedine per forze a cui di loro interessa meno che niente. Il vero scopo di tutto ciò, come da tempo dico, è ben altro.

Ne possiamo vedere i segni in quello che ha detto uno degli estensori occulti di questa legge: “e adesso, droghe libere ed eutanasia“. Cosa hanno in comune queste cose? Presto detto: sono negazione di tutto ciò che vive. L’effetto finale della droga è la putrefazione della mente e del corpo. L’eutanasia è la cosciente distruzione della vita. E cosa sono le unioni omosessuali se non sterili pantomime, da cui non nasce niente se non carpito altrove?

Aprite gli occhi. E’ all’opera un potere che desidera la fine di ogni vivente, e leggi come questa non sono che stratagemmi per combattere l’unica forza che ancora almeno in parte gli si oppone: la Chiesa di Cristo. L’unica ancora a chiamare integralmente il bene con il suo nome: tutti gli altri spaventati codardi, opportunisti o illusi da una libertà che è autodistruzione. Ne vedremo presto altre conferme.

Dicevo che per me il fatto cristiano c’entra con tutto. Allora ignorare avvenimenti come quello di oggi, lasciare che siano, non ostacolarli o addirittura favorirli nell’illusione di poter praticare altre strade è gravissimo sbaglio. Perché così facendo sto dicendo che non è vero che c’entra con tutto. Ignoro una parte di reale: segno di ideologia. Come una malattia trascurata, ciò che viene tralasciato crescerà fino a fare ammalare, causando crescente dolore ed afflizione. La ferita è infetta. Non saranno i buoni propositi a evitare la cancrena.

Sinceramente soffro a vedere la divisione e il rancore tra chi dovrebbe essere unito per un unico scopo. Segno che Colui-che-divide ha fatto breccia. La malattia dilaga.
Presto, come sempre è accaduto, 
il Medico amputerà.

Berlicche  socio di  SamizdatOnLine
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giovedì 12 maggio 2016

SEGNO DEI TEMPI: AVVENIRE LGBT


Il quotidiano cattolico Avvenire, in un promozionale articolo dei "cristiani LGBT", riprende, tra l'altro, questa affermazione del gesuita padre Piva che si inserisce, oramai, nel consueto armamentario fatto di "porte aperte", "muri da abbattere" e "ponti da costruire".

Dice infatti padre Piva qui che anche per le persone omosessuali, «la pastorale della Chiesa è chiamata ad innescare processi di cambiamento, conversione, promozione, liberazione. Questo significa optare per la formazione della coscienza che sappia scorgere la volontà di Dio nel quotidiano, qui ed ora, piuttosto che una generica e spersonalizzante affermazione di PRINCIPI ASTRATTI ». I principi astratti sarebbero la dottrina.


Cascioli qui sulla Nuova Bussola osserva che: "Ad Avvenire non viene neanche in mente che a proposito di piano di Dio ci sarebbe prima da risolvere quel problemino legato al racconto della Creazione secondo cui Dio creò l’uomo maschio e femmina, con il compito di popolare la terra. Ma non è solo il problema del riferimento alla Scrittura – un teologo che sistema brillantemente qualsiasi situazione lo si trova sempre -, piuttosto il rispetto della realtà di persone che vivono una condizione di sofferenza, e non a causa del rifiuto della Chiesa. In questo Avvenire avalla la solita menzogna secondo cui fino a ieri le porte delle chiese erano chiuse a tutti quelli che non erano “giusti”, “a posto con le regole”, e oggi finalmente quelle porte si aprono per accogliere e accompagnare ogni persona “ferita”. Tale narrazione è un insulto a migliaia di sacerdoti che da sempre accolgono, consigliano, accompagnano persone e gruppi che hanno ferite profonde nella loro vita e che solo in una chiesa trovano qualcuno disponibile ad ascoltare e condividere.

Tale narrazione è però funzionale al vero obiettivo di tutta questa campagna, che non è accogliere le persone che vivono la condizione omosessuale, ma cambiare la dottrina della Chiesa imponendo l’accettazione del comportamento omosessuale, il peccato insieme al peccatore. Parlare di comportamenti “contro natura” diventa così una bestemmia per il nuovo linguaggio inclusivo, e di conseguenza usando Amoris Laetitia, Avvenire manda definitivamente in pensione anche Benedetto XVI che da papa aveva definito il gender la sfida più grande per la Chiesa di oggi, e che da cardinale aveva scritto nel 1986 una lettera chiarificatrice «per la cura pastorale delle persone omosessuali». "

La Valanga arcobaleno travolgerà il mondo, bisogna che qualcuno resista alla sua furia, che non si stanchi di vivere come se Dio esistesse, avendo misericordia per il peccatore, ma condannando il peccato, dicendo cosa è bene e cosa è male per l’uomo, insegnando ai figli che non viviamo rifiutando la modernità, ma rifiutando che si travesta da modernità qualcosa che è contrario al bene per l’uomo.

Pochi mesi prima di morire, l’8 settembre 1977 in un colloquio con Jean Guitton, Paolo VI ebbe a dire:
"C'è un grande turbamento in questo momento nel mondo della Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: "Quando il Figlio dell'Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla Terra?". Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Questo, secondo me, è strano. Rileggo talvolta il Vangelo della fine dei tempi e constato che in questo momento emergono alcuni segni di questa fine. Siamo prossimi alla fine? Questo non lo sapremo mai. Occorre tenersi sempre pronti, ma tutto può durare ancora molto a lungo. Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all'interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all'interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia".


Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia. Non dimentichiamolo, lo dobbiamo alle generazioni future.

SOTTOMESSI AL CONSIGLIO DEI GUARDIANI DELLA COSTITUZIONE


di ANDREA CANGINI
Abbiamo critto che quella di Renzi nei confronti della magistratura militante non era una guerra, ma una sceneggiata. 
Molte parole, nessuna voglia di passare ai fatti. 
Ora, però, anche le parole vengono giudicate di troppo. Così non fosse, ieri si sarebbe levato un coro contro Roberto Scarpinato

In un’intervista a Repubblica, il procuratore generale di Palermo ha sostenuto che i giudici non debbano applicare le leggi, ma «processarle» a norma di Costituzione e «vigilare» sui politici. 
Non è un caso isolato. Leggere, per credere, i riferimenti della sentenza Escort alle ragazze «avvenenti, provocanti, disinvolte» e persino «disinibite» che frequentavano le «cene (poco) eleganti» di Arcore. Confondere il peccato con il reato e assoggettare la politica a un’autorità morale è tipico delle teocrazie. 
Pensavamo di vivere in Italia, ci ritroviamo in Iran, sottomessi al Consiglio dei Guardiani della Costituzione. Ma guai a dirlo. Fischiettando la Marsigliese, anche Renzi si è piegato alle toghe.

ILRESTODELCARLINO

COSÌ LA CULTURA PROTESTANTE E AMERICANA CI COLONIZZERÀ: KNOW HOW O KNOW WHY

INTERVISTA A ETTORE GOTTI TEDESCHI
di Rino Cammilleri 10-05-2016 LANUOVABUSSOLA

Poco tempo fa il nostro ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, ha firmato un accordo col collega germanico, Johanna Wanka, al fine di cooperare nel settore della formazione professionale. Il ministro italiano ha spiegato che si tratta di un passo in direzione del modello economico tedesco.

In che cosa consiste questo modello che l’Italia farebbe bene a imitare? Alle nostre domande risponde Ettore Gotti Tedeschi, economista, banchiere e nostro collaboratore.
«Temo si tratti della conversione dei modelli educativi e professionali caratteristici della cultura cattolica in quelli influenzati dalla cultura protestante

Quelli cattolici sono fondati, e ancora si fondano, sul “capire il perché” delle cose.
Quelli di cultura protestante, americana soprattutto, sul “capire come” realizzare in tempi brevi, competitivi, più (secondo loro) efficienti.
I primi hanno alle spalle l’attitudine secolare a discernere prima di agire. I secondi sono, per lo stesso motivo, più pragmatici. Tedeschi e americani, in modo diverso per via della loro storia, hanno in comune questa influenza culturale. Con una differenza significativa. L’americano vive la sua libertà individuale molto di più del tedesco, il quale mostra maggior propensione all’obbedienza disciplinata al capo riconosciuto… L’Italia farebbe bene ad imitarne il modello per risolvere i suoi problemi? Ho dei dubbi. Ciò che rende competitivo un sistema economico non è solo il modello educativo, ma anche il contesto in cui tale modello viene applicato. Il nostro si fonda sul genio imprenditoriale nella piccola e media impresa, su fantasia e creatività. Si dovrebbe riflettere con prudenza su un modello diverso, concepito per grandi entità, dimensioni e struttura di impresa». 

Però, spiegando ai giornalisti, la Giannini ha detto che «dobbiamo tendere sempre più verso un modello americano, in cui la flessibilità, che è sinonimo di precariato, è la base di tutto il sistema economico».  Ma allora, modello tedesco o americano? 
«É piuttosto un modello conseguente alla cultura protestante, diventato fortemente competitivo negli Usa per vie delle innumerevoli «chiese» in competizione per accaparrarsi fedeli e offerte. Il modello americano, imposto progressivamente in tutto il mondo occidentale soprattutto dagli Anni ’60, si fonda sul know how, diverso, come già detto, da quello (soprattutto italiano) del know why. In quegli anni, preoccupato da tale “invasione culturale”, J. J. Servan Schreiber (fondatore e primo direttore dell’Express), scrisse un libro fondamentale (che influenzò De Gaulle): Le défi américain («La sfida americana»). Un modello fondato sul “capire come” rende più facili l’accesso al lavoro, l’apprendimento, la produttività immediata dell’avventizio. Ma ne limita la capacita di domandarsi i “perché” . Il modello know how dà buoni risultati in fasi economiche di crescita e sviluppo, ma molto meno in fasi di crisi e di grandi cambiamenti, nei quali capire perché qualcosa deve cambiare è fondamentale e conferisce un vantaggio su chi è, invece, abituato ai modelli concepiti per “casi pratici” e appresi spesso in modo stereotipo. Il modello know how va, sì, bene se si ha più bisogno di tecnici che di umanisti. Ma condiziona lo sviluppo dei talenti e del genio umano. De Gaulle reagì rafforzando gli organismi di studio e consulenza strategici, nei quali si badasse a pensare prima di fare (fare, e magari sbagliare per poi correggere, ma spesso a costi altissimi o troppo tardi). Gli attuali accordi mi sembrano “suggeriti” da parte tedesca. Ascoltando la Prima Ministra teutonica quando si riferisce agli italiani, si ha l’impressione che pensi a persone che tendono a “non raccontarla mai giusta” … Invece, i casi Wolkswagen o Deutsche Bank, dicono cosa diversa». 

A noi cattolici interessa anche un altro aspetto del radioso futuro prospettatoci dall’asse italo-tedesco: la famiglia. Dice la Giannini che «non ci sarà più spazio per la famiglia come la intendiamo oggi». Infatti, il precariato, pardon, «la flessibilità induce le persone a spostarsi individualmente, il modello di famiglia a cui siamo abituati, che rappresenta stabilità e certezze, non esisterà più». Ma la famiglia, è anche il luogo dei figli. Meno famiglie, meno figli. Perciò, chi lavora?
 «La distruzione della famiglia tradizionale è coerente con il modello educativo auspicato. L’educazione soggettiva e centrata su valori (il “sapere perché”) che solo la famiglia può dare viene considerata come fonte di diseguaglianze, di conflitti, di squilibri. Solo che così si realizza l’uomo-automa». 
Ora, le due ministre sanno bene che i loro Paesi hanno il record mondiale della denatalità. Ma la Wanka ha la ricetta giusta: i migranti. Insomma, la vecchia storia che gli africani e i mediorientali ci pagheranno le pensioni è sempre viva e vegeta, anzi. Tuttavia, il piano funzionerà se i nuovi arrivati si faranno disciplinatamente istruire sui modi di lavoro&consumo euro-americani e, magari, spenderanno qui anziché mandare i guadagni in altri Continenti. 
«Sul progetto “immigrazione forzata e politica” che stiamo vivendo ci sono troppe cose da valutare e spiegare, impossibile farlo in poche parole. Dico solo che una politica dell’immigrazione come quella che ci tocca subire funziona soltanto se l’economia lo permette. Se gli immigrati devono riempire i vuoti, si facciano bene i conti: in Italia avremmo bisogno di dieci milioni di immigrati domani stesso, e probabilmente una cinquantina in Europa, ma la soluzione dei problemi italiani ed europei non passa da questa strada. Ho il sospetto che in ballo ci sia l’ostinazione nel voler cancellare le nostre radici cristiano-cattoliche». 



mercoledì 11 maggio 2016

PERCHE’ LA VOSTRA GIOIA SIA PIENA

Giovanni 16

1 Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. 2 Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. 3 E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. 4 Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato.
Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi.
5 Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? 6 Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. 7 Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. 8 E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. 9 Quanto al peccato, perché non credono in me; 10 quanto alla giustizia, perché vado dal Padre e non mi vedrete più; 11 quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato. (…)
 
MASACCIO, CAPPELLA BRANCACCI
29 Gli dicono i suoi discepoli: «Ecco, adesso parli chiaramente e non fai più uso di similitudini. 30 Ora conosciamo che sai tutto e non hai bisogno che alcuno t'interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio». 31 Rispose loro Gesù: «Adesso credete? 32 Ecco, verrà l'ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
33 Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!».