mercoledì 6 settembre 2017

CARLO CAFFARRA PROFETA INASCOLTATO


La mattina del 6 settembre è venuto improvvisamente a mancare il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo emerito di Bologna e teologo morale di prima grandezza, specie sulle questioni della famiglia e della vita, uomo di fede innamorato di Cristo.
Lo onoriamo riproducendo una omelia tenuta agli esercizi della Fraternita' di CL.

OMELIA DI SUA ECCELLENZA MONSIGNOR CARLO CAFFARRA
ARCIVESCOVO DI BOLOGNA AGLI ESERCIZI DELLA FRATERNITA’ 2005


«Durante la notte apparve a Paolo una visione: gli stava davanti un Macedone e lo supplicava: “Passa in Macedonia e aiutaci!”».
Carissimi fratelli e sorelle, queste semplici parole narrano uno dei più grandi avvenimenti della storia, in particolare della storia della nostra Europa. Quando S. Paolo, obbedendo alla visione avuta in sogno, s’imbarcò a Troade coi suoi collaboratori per la Macedonia, «ritenendo che Dio ci aveva chiamati ad annunziarvi la parola del Signore», egli segnò l’inizio di un mondo nuovo perché introdusse nella civiltà umana l’evento della missione.

La missione, cioè il fatto, testimoniato da alcuni uomini, che esisteva una risposta alla domanda di senso invocata e desiderata dall’uomo stesso. Una risposta che vale per ogni uomo sotto qualsiasi cielo, condizione e latitudine si trovasse, semplicemente perché è la risposta vera.
La dimensione veritativa della proposta cristiana è la ragione ultima dell’esigenza che la abita, di dirsi e proporsi ad ogni uomo. Quando quella dimensione si oscura oppure peggio viene negata, il cristianesimo inevitabilmente diventa un’opinione da giudicarsi secondo una misura soggettiva; oppure è pensato come una creazione, una produzione dell’uomo.

Ne era ben consapevole l’Apostolo quando scriveva ai Corinzi: «Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono». Se la predicazione cristiana non testimonia un fatto realmente accaduto, induce una credenza che esprime solamente bisogni e desideri soggettivi dell’uomo, alla quale non corrisponde nulla se non ciò che prova il soggetto. L’uomo resta prigioniero di se stesso. Né l’uomo oggi è aiutato molto – bisogna riconoscerlo – ad uscire da questa prigione neppure da una certa teologia e catechesi, molto sottile e scaltra nel suo procedere e nel suo linguaggio, ma che non raramente lascia chi l’ascolta nell’incertezza sul punto fondamentale: se Gesù Cristo sia una persona reale, viva oggi tra noi, così che ci sia dato di poterlo incontrare.

In che modo oggi la persona umana si imbatte nella realtà testimoniata dal missionario, uscendo dalla prigione della sua soggettività? Dove può incontrarsi con il Fatto che rende vera la nostra predicazione? È nella Chiesa che questo incontro può accadere ed è attraverso la Chiesa che l’uomo si imbatte nella Realtà del Risorto. La fede – scrive Tommaso – non termina alla formula ma attinge la Realtà stessa creduta.
 Carissimi, o la speranza è fondata e generata da una Presenza o è puro sogno e utopia. E quando ci si sveglia, i sogni svaniscono: la vanità della fede [vanità nel senso paolino] genera una speranza vacua. Un anestetico del nostro male di vivere che non è degno dell’uomo.

«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me». L’incontro colla persona del Risorto vivente nella Chiesa genera una compagnia, un’amicizia con Lui, un’appartenenza a Lui che ci fa vivere e ci trasforma in Lui. Accade una vera e propria rigenerazione della nostra umanità. Gregorio Magno parla di Cristo come di una “forma cui imprimimur”.
Quale è il segno di questa impressione della forma di Cristo nella nostra persona? La pagina evangelica oggi ci dà una risposta sconvolgente: il segno è l’odio del mondo.
La realtà oggi presente dentro al mondo, la realtà di Cristo nella sua comunità e della sua comunità in Cristo, diciamo in una parola, la realtà della Chiesa come tale è odiata dal mondo come tale.
Perché quest’opposizione? La ragione è l’appartenenza del discepolo del Signore ad un universo che è incomparabile con l’universo mondano; chi appartiene all’uno non appartiene all’altro: «Poiché… non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia».
La scelta di Cristo ci estrae dal mondo; ci fa di natura diversa da quella mondana: per questo il mondo non ci riconosce più come suoi e ci odia. Carissimi fratelli e sorelle, questa pagina evangelica va presa molto sul serio; non possiamo scansarla.

Non molto tempo fa si discusse se in Europa ci fosse o non ci fosse in atto una vera e propria persecuzione della Chiesa. Alla luce del Vangelo di oggi la questione si risolve assai facilmente. È scritto nel Vangelo, nella pagina evangelica di oggi, che l’odio per la Chiesa c’è sempre ed ovunque. L’odio contro la carità, contro l’umiltà e la castità, contro la glorificazione di Cristo unico salvatore del mondo; chiedersi se esiste questo odio è una questione inutile. Ma non è inutile chiedersi se questo odio esiste verso ciascuno di noi come persone che glorificano Cristo, che vivono il suo comandamento: se questo non avviene è perché apparteniamo al mondo.

 Non c’è bisogno di essere odiato, mi odio già da solo; non c’è bisogno che la presenza cristiana sia perseguitata, perché si è già autoliquidata e dissolta. Siamo servi che hanno voluto essere
più grandi – più furbi, più sapienti – del loro padrone. Ma quando il servo non vuole essere più grande del suo padrone, siatene certi: è odiato e perseguitato.

Carissimi, è la prima volta che vi trovate a vivere i vostri Esercizi Spirituali dopo la morte del vostro padre fondatore Mons. Giussani.
Termino leggendovi una sua riflessione che sintetizza colla forza che possiede solo chi ha ricevuto un carisma fondatore quanto ho cercato poveramente di dirvi:

«Questa è la vita eterna: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo». O è vero o non è vero. Se non è vero c’è il nulla, il niente. Il niente. Arrovèllati fin quando vuoi, potrai costruire, o uomo, dei manichini, ma non potrai evitare il nulla che sta dietro di essi. Ciò per cui Cristo è stato mandato, ciò per cui ogni cristiano è stato mandato, è una battaglia tra la verità e il male, tra Dio e Satana, tra Dio e il «Nemico» (come mi ha scritto un ragazzo l’altro giorno).
Perché il peccato originale, che viene come veleno da questo Nemico, non è soltanto il quasi ridicolo tentativo di mettere il nostro io al posto di Dio (come se il nostro io fosse creatore, potesse competere con la parola «creatore»); è piuttosto una cosa che possiamo coltivare anche in noi,
ospitare in noi, per commissione di Satana, e realmente subirne le conseguenze: è la sfida a Dio, un odio a Dio, perché se è stato ucciso Gesù è stato per un odio al vero.
«“Di questa età superba, / che di vote speranze si nutrica, / vaga di ciance, e di virtù nemica; / stolta, che l’util chiede, / e inutile la vita / quindi più sempre divenir non vede” diceva Leopardi ne Il pensiero dominante, ed è la descrizione molto più dei nostri tempi che dei suoi».

Voi siete qui perché la vostra vita non si nutra di «vote speranze», né sia «vaga di ciance»: sia una vita vera, cioè reale. 

La consistenza della realtà della vita è misurata dalla consistenza della nostra appartenenza a Cristo.

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