martedì 12 settembre 2017

SAMIR KHALIL SAMIR E LA SFIDA ALL’OCCIDENTE

L’islamologo gesuita Samir Khalil Samir, invitato dal CROCEVIA, ha parlato ieri sera a Cesena.I versetti violenti del Corano,  la guerra religiosa interna fra sunniti e sciiti e sostenuta dall'Arabia Saudita e da altri paesi attraverso le armi, l’incompatibilità della cultura musulmana con la cultura dei diritti umani, il difficile ma doveroso gesto d’amore di integrare gli immigrati nella nostra società, il Califfato che sta per essere sconfitto ma l’ideologia rimarrà.  Questi alcuni dei temi affrontati rispondendo alle domande del Prof. Leonardo Lugaresi.
Cesena, 11/09/2017 foto di G. Marini
Intervista di Paolo Facciotto pubblicata su Riminiduepuntozero.it   PRIMA PARTE
Tentare di integrare gli immigrati islamici nella società italiana è un doveroso “gesto d’amore” nei loro confronti, ma non è facile perché “la cultura musulmana è incompatibile su molti punti con la cultura dei diritti umani”. Lo afferma padre Samir Khalil Samir, 79 anni, padre gesuita di origine egiziana, islamologo di fama internazionale, nella prima parte di  una lunga intervista che pubblichiamo oggi.
Padre Samir, iniziamo da una domanda di cronaca geo-politica: lei ritiene che l’autoproclamatosi Califfato sia un progetto dell’Isis militarmente sconfitto, ovvero ormai sotto controllo, oppure è ancora da temere?
Il Califfato sta per essere sconfitto, ma anche quando lo sarà, lascerà una traccia profonda. Parecchi giovani musulmani hanno aderito al Califfato, anche se sono in ritirata, rimarranno molti musulmani che hanno questa ideologia. Il problema è ideologico e non si sopprime così facilmente. Una sconfitta permetterebbe di limitare il disastro. Ma è un vero disastro: milioni di persone che hanno perso la casa e non hanno più possibilità di vivere decentemente. E’ una catastrofe immensa. Responsabili sono quelli che hanno suscitato e sostenuto questo movimento. Il Califfato è da temere nelle conseguenze. Anche se perde il controllo militare ed è sconfitto militarmente – lo speriamo, anche se questo richiederà parecchi mesi, speriamo non di più – è da temere perché l’ideologia rimane.
Il suo confratello gesuita padre Boulad ha detto in un’intervista che l’università al-Azhar del Cairo «è la prima responsabile del radicalismo che si diffonde in tutto il mondo», malgrado in Europa sia ritenuta un’istituzione moderata e tollerante. Lei è d’accordo?
Al-Azhar si presenta nel mondo all’insegna della moderazione. Il giro fatto dal dottor al-Tayyib in Europa, in Germania, dal Papa, a Parigi, per dire “noi siamo buoni, bravi, moderati”, è un gioco politico. Il problema essenziale di Isis e del Califfato è nel pensiero, nell’interpretazione del testo sacro – per loro -, il Corano, la vita di Maometto, la Sunna, la tradizione islamica, nella concezione del bene e del male, del lecito e dell’illecito.
Al-Azhar ha un’importanza fondamentale per i musulmani perché è la scuola che forma il maggior numero di imam del mondo, non solo dell’Egitto. Però l’insegnamento che dà è molto criticato dagli intellettuali musulmani, in Egitto, e penso anche altrove. Criticato perché la mentalità che promuove è una lettura letterale dei testi detti sacri, che non permette un’interpretazione, se non quella di copiare le interpretazioni antiche, senza uno sforzo di ripensamento.
Ora, sono passati 14 secoli dal testo coranico, e 14 secoli dall’interpretazione. L’interpretazione non è stata così radicale come lo è oggi. Mi spiego. Il Corano di chi è? Oggigiorno è concepito come «dettato di Dio per dare un testo sacro», quindi un dettato divino. Nel Medioevo c’è stato un dibattito costante, dall’VIII secolo fino al XIII, fra due posizioni: una che diceva che il testo era divino, e l’altra che diceva che il testo è umano. Se si ritiene che il dettato messo nel cuore di Maometto è divino, allora ogni parola, ogni virgola ha un valore assoluto. Se il testo dice «uccidete i miscredenti ovunque li troverete», allora basta sapere chi sono i miscredenti, i «kuffar». Una volta definito un gruppo, una categoria, allora quelli devono essere eliminati.
Altro problema: il Corano contiene delle contraddizioni. Non è opinione mia, ma dei musulmani. Allora come fare? Se si trova in un brano coranico un versetto di tolleranza, in un altro brano un versetto di intolleranza, quale è da applicare? Secondo la cronologia dei musulmani, i primi testi risalenti a quando Maometto era ancora alla Mecca, sono più tolleranti. Poi emigra – la famosa Higra – verso Yathrib ciò che si chiamerà dopo Medina. Allora comincia il secondo periodo della sua vita, gli ultimi dodici anni, un periodo di conquiste, di guerre: lì troviamo i versetti che dicono «uccideteli ovunque li troverete, non lasciateli scappare».
Allora qual è il versetto da applicare? Il Corano risponde: i versetti venuti dopo cancellano i precedenti, viceversa non sarebbe possibile. I versetti più duri hanno dunque cancellato i versetti più aperti, dunque questo è il vero Islam. Questo è l’insegnamento ordinario che si dà ad al-Azhar.
Questa ideologia radicale non viene dall’Egitto, ma dai movimenti sviluppatisi nel XX secolo: prima il salafismo, poi i Fratelli musulmani (nel 1928), più che altro, oggigiorno, il cosiddetto wahhabismo, la dottrina più radicale che ci sia oggi nel mondo islamico, diventata inoltre normativa, sia politicamente sia religiosamente. L’Arabia Saudita è l’unico paese al mondo a non avere una Costituzione, perché – dicono – la nostra costituzione è la Shari’a islamica. La Shari’a islamica è un insieme delle decisioni giuridiche degli imam attraverso la storia, basate in principio sul Corano e sull’insegnamento di Maometto. La Shari’a interpretata dai wahhabiti, è la lettura più radicale del testo coranico: è la nostra realtà di oggi.
La predicazione degli imam, in Italia ed in altri paesi, è a favore della pace oppure fomenta lo scontro?
Ci sono imam radicali ed altri tolleranti. Se la predicazione nelle moschee fosse tutta radicale, avremmo visto tanti fatti di radicalismo, ma non è il caso. Si dice che in Francia, dove il problema è più studiato, c’è una forte proporzione di imam radicali. La causa è chi li paga. Dovrebbe essere la comunità che li mantiene, ma molto spesso, oggi gli imam vengono mandati e pagati dall’Arabia Saudita, che favorisce la lettura radicale della tradizione islamica e del Corano. Questo è il nostro guaio: l’Arabia Saudita compra la gente. Anche l’Egitto è aiutato, ma qui non si segue il radicalismo assoluto dell’Arabia Saudita perché la popolazione è più aperta. Questa è la tragedia che viviamo.
E il Califfato come è nato? Isis (che corrisponde all’arabo Dā‘esh) significa in inglese Islamic State for Iraq and Syria. Iraq e Siria, e non altri paesi, perché in Iraq dopo l’uccisione di Saddam Hussein, gli americani hanno messo a governare gli sciiti in quanto maggioranza relativa. In Siria governa la famiglia Assad, che sono alawiti, un ramo degli sciiti. In questi due paesi c’è una maggioranza sciita al governo. Chi è il nemico giurato degli sciiti? I sunniti.
C’è un odio radicale da parte di alcuni paesi del sunnismo contro gli sciiti, che risale al I secolo dell’Islam e che rimane oggi. Ha avuto periodi più tranquilli, ma oggi, grazie ai soldi del petrolio, dei paesi petroliferi che sono sunniti, c’è un odio tale che vogliono ucciderli tutti. Chi fa la guerra nello Yemen e chi sostiene e combatte contro la rivoluzione nello Yemen? Nel sud Yemen la popolazione è sciita e chiede parte del governo. L’Arabia Saudita, che non ha nessun diritto di entrare nello Yemen, ma ha il potere finanziario e militare, grazie all’amico da decenni, gli Stati Uniti, va e bombarda ciecamente, dove sono donne e bambini, pur di eliminare gli sciiti. E l’odio che c’è da parte dell’Arabia Saudita e di altri contro l’Iran, il più grande paese a maggioranza sciita, viene anche da questo.
Il presidente americano Trump, dopo aver sostenuto l’Iran e alleggerito l’atteggiamento occidentale contro l’Iran, adesso dice il contrario. La prima visita che ha reso ad un capo nel mondo è stata per l’Arabia Saudita, dove c’è stato un accordo per decine di miliardi di dollari. E’ questa la situazione: una guerra religiosa interna all’islam, da parte della maggioranza sunnita contro la minoranza sciita, sostenuta fondamentalmente dall’America ma anche dai paesi occidentali, Francia, Germania, Italia, Inghilterra, attraverso le armi.
Lei ha fatto riferimento ai versetti del Corano di esplicita incitazione all’odio e alla violenza contro ebrei e cristiani. Questi testi e la loro interpretazione corrente, costituiscono un reale pericolo oppure no?
Sì. Nel Corano troviamo, a causa della storia stessa di Maometto, versetti abbastanza tolleranti, nel primo periodo (610-622), e altri aggressivi (622-632). Se si dice: gli ultimi testi cancellano i primi, che è la teoria logica, dunque la violenza domina sulla tolleranza, ed è ciò che succede oggi. Ma si può invece dire: il Corano è un fenomeno storico, le circostanze della vita di Maometto sono da prendere in considerazione, lui per diffondere la sua visione di Dio doveva fare come era uso fare in Arabia tra i beduini, cioè attaccare contro altri gruppi; lui ha fatto questo, ma non è detto che questo debba diventare normativo per tutti i secoli.
Infatti ci sono molti musulmani che dicono: «anche se per noi Maometto è il modello per eccellenza, non lo prendiamo come modello in questo periodo della sua vita, ma in un’altra parte della sua vita». Solo che attualmente – dalla fine degli anni Sessanta ad oggi – prevale l’atteggiamento radicale a causa dell’influsso saudita e dell’aiuto dei paesi potenti militarmente, Stati Uniti in primo luogo. C’è una responsabilità dell’Occidente che dà le armi.
Da noi molti dicono: anche nella Bibbia esistono messaggi non proprio pacifici. Lei che ne pensa? Che differenza c’è fra gli uni e gli altri testi sacri?
Preferisco parlare in modo più preciso. La Bibbia, nella tradizione cristiana, comprende il Vecchio Testamento e il Nuovo. Se prendo il Vecchio Testamento, cioè la Bibbia per gli ebrei, scritta in ebraico e aramaico per alcuni passi, allora troviamo certamente dei brani di violenza che Dio suggerisce o sostiene. Però dobbiamo tener conto del fatto che tale testo ha ormai tremila anni o più. Mosé e le conquiste fatte dagli ebrei per conquistare terreni di altri risalgono a questo periodo.
Il cristiano certamente non legge l’Antico Testamento, come un testo da prendere letteralmente; non considera che ciò che Dio ha ordinato di fare nell’Antico Testamento, quando c’era da conquistare la Terra Santa, deve essere riprodotto oggi. Per noi l’unico testo assolutamente valido che possiamo seguire è il Nuovo Testamento, e in esso le parole e i fatti di Cristo.
Ora, sfido chiunque sia onesto e sappia leggere, a trovare nelle parole di Cristo un invito alla violenza. Quando Pietro taglia l’orecchio al servo del sommo sacerdote, non solo Cristo lo condanna ma guarisce il militare al quale incolla l’orecchio. Non solo non c’è violenza da parte di Cristo, né nei fatti né nel suo insegnamento, ma c’è piuttosto l’anti-violenza. Se uno vuole costringerti a fare con lui un chilometro, fanne due; se uno ti dà un colpo sulla guancia, porgi l’altra guancia. E’ l’anti-violenza per principio.
Addirittura Gesù va contro la legge mosaica, in alcuni casi. Quando vengono e gli dicono «abbiamo preso questa donna in flagrante adulterio, e Mosè ci ha insegnato che questo tipo di donne vanno lapidate». Prima cosa, viene una domanda: se questa donna ha fatto tale atto, l’ha fatto con un maschio; e allora perché non si punisce anche il maschio? Perché la Bibbia ha una mentalità di tremila anni fa, dove alla donna non è permesso ciò che all’uomo è permesso.
Ma, tralasciando questo, come reagisce Gesù? Risponde con una saggezza straordinaria dicendo «chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra». Non dice che Mosè ha torto, ma fa in modo che ognuno sia invitato a fare ritorno su se stesso e ad agire con saggezza. Allora si ritirano uno dopo l’altro, cominciando dai più vecchi, quelli che hanno più saggezza e che riconoscono che non possono fare questo. Alla fine alza la testa e dice alla donna: «Nessuno ti ha condannata? Neppure io!». Ma poi dà la medicina: «Va e non peccare più!».
La violenza nel Vangelo è una violenza su me stesso, per affinare la mia coscienza e i miei atti. Non c’è altro! La prova è che lui Gesù, innocente, finisce in croce. Dunque, dire che la Bibbia (in questo caso il Vangelo) ha dei messaggi di violenza, beh, lasciamolo dire a chi non ha studiato, sono cose troppo generiche.
E poi c’è un principio per noi oggi ovvio: un testo si capisce dal suo contesto. Il contesto del Corano, il contesto dell’Antico Testamento non è quello di oggi, dunque la lettura di un brano deve essere contestualizzata per capire esattamente ciò che il testo vuol dire. La mia critica verso gran parte dei musulmani, è che non contestualizzano il documento ma lo prendono alla lettera. Alla lettera si può dire qualunque stupidaggine, ma non è la vera interpretazione.
1-continua


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