martedì 27 febbraio 2018

IL BUS ARANCIONE DELLA LIBERTÀ A CESENA


  IN DIFESA DELLA FAMIGLIA


Il Bus della libertà ha fatto tappa a Cesena questo pomeriggio sostando per circa un’ora in fondo a viale Mazzoni in prossimità di piazza del Popolo
Se in altri comuni italiani il permesso di sosta e manifestazione è stato negato, la città di Cesena memore delle parole pronunciate da papa Francesco il 1° ottobre scorso sul senso di comunità, si è mostrata accogliente proprio in nome della famiglia.

Combattendo gelo e neve, una cinquantina di cittadini di tutte le età ha atteso il bus, iniziativa di CitisenGo e Generazione Famiglia, ascoltando le parole di Filippo Savarese il quale se da una parte ha ringraziato i presenti, dall’altra ha puntato il dito verso la città di Bologna che al loro arrivo non li ha accolti da subito. “La vostra – ha detto Savarese – è una grande testimonianza non solo per il gelo e la neve ma per i tempi che viviamo, che sono di confusione e di allontanamento dalla realtà della famiglia tradizionale”. A sostenere l’iniziativa il consigliere Stefano Spinelli di "Libera Cesena", Galeazzi Bignami di “Forza Italia”, Massimo Pistoia del “Popolo della Famiglia” e Roberto Buda, ex sindaco Cesenatico.
Il 'Bus della Libertà' è un pullman turistico di colore arancio interamente ricoperto dalla scritta:"Non confondete l'identità sessuale dei bambini". L’obiettivo centrale del tour, arrivato alla settima tappa dopo Catania, Napoli, Torino, e altre città ancora, è sensibilizzare l'opinione pubblica, i media e i banchi della politica, a ridosso del 4 marzo, giorno in cui gli italiani sono chiamati alle urne per esprimere la propria preferenza politica. Nel corso di ogni tappa, come è avvenuto a Cesena, sono stati distribuiti alcuni vademecum per aiutare i genitori a riconoscere i progetti gender nelle scuole e a tornare protagonisti dell'educazione dei loro figli. “Questi manuali sono i veri protagonisti della nostra campagna”, ha rammentato Savarese spiegando che non si tratta di un tour per polemizzare ma “per dotare i genitori del miglior metodo per controbattere alle principali accuse di gender”. Un manuale, ha concluso “che serve per unirsi in reti di genitori e famiglie”. Prossima tappa: Pescara.
Fonte: Il Corriere Cesenate

FAMIGLIA BENE COMUNE - Dialogo con Massimo Gandolfini

 
Incontro con MASSIMO GANDOLFINI, presidente del Comitato Difendiamo i nostri figli e portavoce del Family Day



Cesena Palazzo Ghini 22 febbraio 2018 ore 21 Quarto incontro di "Per un Percorso elementare di cultura" (anno terzo), promosso da IL CROCEVIA dal titolo: "Non guardare dal balcone" ... dalle parole di Papa Francesco in piazza a Cesena il 1 ottobre 2017

lunedì 26 febbraio 2018

ESISTE ANCORA UN VESCOVO CATTOLICO, IN AMERICA!




Dichiarazione del  Vescovo di Springfield Mons. Thomas Paprocki:
il senatore Richard Durbin non è ammesso alla Santa Comunione
Mons. Thomas Paprocki

Mons. Thomas Paprocki di Springfield, Vescovo di Springfield, capitale dell’Illinois, ha pubblicato  questa dichiarazione sul sito diocesano:

Concordo pienamente con Sua Eminenza, il Cardinale Timothy Dolan, Presidente del Comitato per le Attività della Vita degli Stati Uniti della Conferenza dei Vescovi Cattolici (USCCB), che ha definito  "scioccante" la mancata approvazione da parte del Senato degli Stati Uniti della  Legge sulla protezione dei bambini “capaci di dolore” 
Hanno votato contro il disegno di legge che avrebbe vietato l'aborto a partire da 20 settimane dopo la fecondazione, quattordici senatori cattolici tra cui il senatore Richard Durbin, la cui residenza si trova nella diocesi di Springfield, nell'Illinois. 
Nell'aprile 2004, il pastore del senatore Durbin, mons. Kevin Vann (ora vescovo Kevin Vann di Orange, CA), ha detto  di essere riluttante a dare la Santa Comunione al senatore Durbin perché la sua posizione pro-aborto lo ha messo fuori dalla comunione e dall’unità con gli insegnamenti della Chiesa sulla vita. Il mio predecessore, ora arcivescovo George Lucas di Omaha (Nebraska), ha detto di essere d’accordo con  questa decisione. 

Io ho confermato quella posizione.
Il Canone 915 del Codice di Diritto Canonico della Chiesa Cattolica   afferma che coloro che "ostinatamente persistono nel peccato grave manifesto non devono essere ammessi alla Santa Comunione". Nella nostra Dichiarazione del 2004 sui  cattolici nella vita politica, il USCCB ha detto: "Non riuscire a proteggere le vite di membri innocenti e indifesi della razza umana è peccare contro la giustizia. Coloro che formulano la legge hanno quindi un obbligo in coscienza di lavorare per correggere le leggi moralmente difettose, per timore di essere in grado di cooperare nel male e di peccare contro il bene comune. "Perché il suo voto di voto a sostegno dell'aborto per molti anni costituisce" ostinata persistenza in evidente peccato grave, " continua a rimanere ferma la decisione che il senatore Durbin non deve essere ammesso alla Santa Comunione finché non si pente di questo peccato
Questa disposizione non ha lo scopo di punire, ma di provocare un cambiamento di cuore. 
Il senatore Durbin era un tempo pro-vita. Prego sinceramente perchè si penta e torni ad essere a favore della vita.


Nota: il Sen. Durbin, democratico pro aborto, si dichiara cattolico, ed è molto noto per la sua campagna pro-immigrati, è spesso invitato a parlare nelle parrocchie ed è molto stimato in ambienti cattolico progressisti


I NUOVI PASTORI: IL CARDINALE CUPICH E LA COSCIENZA RIVOLUZIONARIA




La Chiesa ha sempre insegnato che il matrimonio è intrinsecamente indissolubile dall'espressa volontà di Dio. Che l'unità indissolubile del matrimonio non è un ideale, nel senso di uno scopo ancora irraggiungibile verso il quale le coppie sposate lottano, ma piuttosto è la realtà stessa, la vera natura del matrimonio. La Chiesa insegna che la fedeltà ai voti matrimoniali non è semplicemente qualcosa a cui dovresti cercare di arrivare all'ideale del matrimonio, ma piuttosto un serio obbligo inerente alla natura del matrimonio.

 Il cardinale Blase Joseph Cupich di Chicago, nominato da Papa Francesco senza tener conto delle raccomandazioni della Conferenza Episcopale Americana,  non è di questo avviso, e ha
recentemente dato una sua interpretazione  di Amoris Laetitia al St. Edmund's College di Cambridge, in Inghilterra. La sua linea argomentativa mina alla base l'insegnamento della Chiesa sul matrimonio.
Fra le altre argomentazioni (che potrete leggere nel link) il Cardinale Cupich afferma: "L'accompagnamento è anche un atto di formazione dell'insegnamento della Chiesa. C'è un continuum di accompagnamento che sottolinea l'intera gamma di azioni della Chiesa. E quindi . . . l'obiettivo principale dell'insegnamento formale sul matrimonio è l'accompagnamento, non il perseguimento di un insieme astratto e isolato di verità. Ciò rappresenta un importante cambiamento nel nostro approccio ministeriale che è a dir poco rivoluzionario ".
Cosa comporta questa rivoluzione? Il cardinale Cupich afferma:
“Se presa seriamente, questa definizione richiede un profondo rispetto per il discernimento delle coppie sposate e delle famiglie. Le loro decisioni di coscienza rappresentano la guida personale di Dio per le particolarità della loro vita. In altre parole, la voce della coscienza - la voce di Dio -- potrebbe benissimo affermare la necessità di chiamare una persona "a nuovi stadi di crescita e a nuove decisioni che possono consentire all'ideale di essere pienamente realizzato" (AL 303).

Quindi, una decisione di coscienza, per esempio, di lasciare la propria moglie e "risposarsi" civilmente, è etichettata come "guida personale di Dio" che concederebbe l'approvazione divina.  Il Cardinale Cupich ci sta dicendo che Dio ispirerà qualcuno a decidere serenamente nella sua coscienza che è necessario per lui commettere atti adulteri, e che questa è quindi la volontà di Dio per lui.
È profondamente demoralizzante ascoltare un vescovo cattolico che sta dicendo che la voce del Signore che parla attraverso la dottrina della sua Chiesa non è più affidabile o universalmente applicabile, e che invece, dobbiamo ascoltare la coscienza delle coppie sposate, che è persino vista come una nuova fonte di insegnamento divino.
Per il Cardinale Cupich  il  comandamento non è più tale , se dipende dalle circostanze non è più un comandamento, e’ relativo alle circostanze , tutto dipende dalla coscienza e se la coscienza è a posto va tutto bene , il contrario di quello che la Chiesa insegna 
(per la traduzione in italiano usare il tasto destro del mouse  cliccando sul testo inglese)


QUALE ANTIFASCISMO?


I VIOLENTI E LE PAROLE AMBIGUE

SE IL FASCISMO È VIOLENZA, ILLEGALITÀ E SOPPRESSIONE DELLE LIBERTÀ, LA SUA ANTITESI NON È L’ANTIFASCISMO, È LA DEMOCRAZIA

 di Ernesto Galli della Loggia da il corriere della sera

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«Noi condanniamo qualsiasi violenza e da qualsiasi provenienza. Però non possiamo fare a meno di ricordare che l’Italia è una Repubblica fondata sull’antifascismo, che la nostra Costituzione è antifascista».

Queste a un dipresso le parole di tanti esponenti dello schieramento di sinistra a commento dei gravissimi incidenti di Torino e in genere di quanto sta succedendo in molti luoghi d’Italia. Parole che per l’appunto ruotano intorno a una formula in questi giorni sentita e risentita: la nostra è una Costituzione antifascista.
Sta bene. Si dà il caso però che la storia — la storia ripeto e non già le nostre opinioni personali — dovrebbe farci chiedere: antifascista sì, ma di quale antifascismo? Come infatti sa chi ha letto qualche libro, la storia registra molti avvenimenti che non possono non porre qualche problema di contenuto quando si adopera il termine antifascismo. Erano certamente antifascisti, ad esempio, quelli che in Spagna incendiavano le chiese e passavano per le armi preti, anarchici e trotzkisti. Erano antifascisti quelli che nel 1939 pensavano che l’Unione sovietica avesse fatto benissimo ad annettersi i Paesi baltici e mezza Polonia dopo essersi messa d’accordo con Hitler, così come lo erano quelli che sul nostro confine orientale dal ’43 al ’45 gettarono qualche migliaia di italiani nelle foibe.

Antifascisti e per di più partigiani erano pure quelli dalla cui associazione (l’Anpi), non condividendone le idee di fondo, si staccarono i partigiani cattolici prima e poi quelli azionisti guidati da Parri nel 1948-49. Ancora: antifascisti a diciotto carati erano pure quelli che negli anni ‘50 non esitavano a definire «nazisti» gli Stati Uniti mentre non riservavano una sola parola di solidarietà, neppure una, agli antifascisti cecoslovacchi o ungheresi, solo pochi anni prima loro compagni nella Resistenza e ora mandati sulla forca con le accuse più inverosimili e infamanti dai regimi comunisti stabilitisi nei loro Paesi. E non si sono sempre proclamati antifascisti — a loro dire anzi del più «coerente» antifascismo — i terroristi delle Brigate rosse e di altre organizzazioni consimili?

Le parole insomma spesso sono ambigue. Definire la nostra Costituzione antifascista è dunque vero sul piano dei fatti — nel senso che essa fu opera delle forze antifasciste — ma sul piano dei valori non vuole dire nulla di preciso, se è vero come è vero che anche i «teppisti» di Torino (copyright di Antonio Padellaro ) si dicono e si considerano antifascisti (e che anche i teppisti possono essere in buona fede). Dovremmo allora concluderne che tra loro, che se la ridono della legge e praticano sistematicamente la violenza, e noi, che pure ci riconosciamo interamente in questa Costituzione e ci consideriamo antifascisti, esistono tuttavia valori in comune? E quali?

Qualcuno risponde: «Il valore in comune è l’antifascismo, appunto: di fronte a un vero pericolo fascista si costituirebbe un fronte comune». Ma è una risposta sbagliata. Una risposta che allucinata dal mito della Resistenza, ma nulla sapendo della Resistenza vera (che in realtà fu attraversata da durissime contrapposizioni tra le forze antifasciste, non escluso il vero e proprio scontro fisico), estrapola l’oggi dalla situazione del ’43-’45. Ignorando che oggi, grazie precisamente alla Costituzione, viviamo però in un regime democratico. E che le democrazie si difendono dal fascismo non facendo la Resistenza — come pretenderebbero facendola a modo loro i teppisti di Torino, di Piacenza o di Palermo — bensì applicando la legge. Nelle democrazie il capo della Resistenza è il Ministro degli interni. Punto. Se non lo è — ma il ministro Minniti appare da ogni punto di vista perfettamente calato nel ruolo — va richiamato ai suoi doveri, non già surrogato da qualche violento capobanda dei centri sociali.

Se il passato insegna qualcosa, infatti, è che il miglior favore che un regime libero possa fare al fascismo è la rinuncia all’applicazione della legge, l’abbandono delle strade e delle piazze all’urto tra la violenza degli opposti schieramenti. Nell’Italia della Costituzione, invece, difendere la democrazia — dal fascismo come da ogni altra minaccia — è compito solo delle forze dell’ordine della Repubblica. Ed è per questo che verso di esse grande è, e deve essere, il debito di riconoscenza dei cittadini.

Di fronte ai fatti di violenza di questi giorni la quale pretende essere di sinistra, la domanda da porsi è: quale linea politica, quale parola d’ordine, servono per tracciare rispetto a tale violenza la linea di confine più invalicabile? Quale valore serve a prenderne le distanze nel modo più netto? La parola d’ordine e il valore dell’antifascismo o della democrazia e della legge?
Se il fascismo è violenza, illegalità e soppressione delle libertà, ebbene, allora la sua antitesi non è l’antifascismo, è la democrazia.

La storia del resto conta pure qualcosa: mentre non è mai esistita una democrazia o un democratico che non fosse antifascista, più e più volte, all’opposto, persone, movimenti e regimi che si identificavano con l’antifascismo hanno mostrato che con la democrazia non avevano molto a che fare. L’antifascismo (insieme alla vittoria degli Alleati) ha dato al nostro Paese la democrazia, e ciò resta a suo merito.
 Ma oggi dei suoi emuli violenti della venticinquesima ora non c’è alcun bisogno: per guardarsi dai pericoli la democrazia italiana basta a se stessa.


sabato 24 febbraio 2018

L’OPZIONE BENEDETTO E LA CIVILTÀ CATTOLICA (LA RIVISTA)


AVVERTIRE CHE UNA STRADA PUÒ ESSERE PERICOLOSA VA SEMPRE BENE (TUTTE LE STRADE POTENZIALMENTE LO SONO), MA NON DICE NULLA SUL FATTO CHE SIA LA STRADA GIUSTA OPPURE NO.
Il nucleo della critica che il padre Lind, nel suo articolo pubblicato dalla Civiltà Cattolica, muove alla opzione Benedetto è che «esaltare la realtà della persecuzione potrebbe comportare un rischio: quello di percepire il proprio “piccolo gruppo” come la Chiesa vera e migliore delle altre. In definitiva, questo è il rischio dell’arroganza, connesso a un peccato ecclesiale contro l’unità e la comunione». Questa considerazione gli suggerisce un paragone, il cui svolgimento occupa gran parte del suo testo, tra la proposta di Dreher e «la tentazione dell'eresia donatista».

Osservo che la formulazione della sua critica è corretta, ma proprio per questo risulta, se la si esamina attentamente, del tutto inappropriata e irrilevante rispetto al vero senso dell'opzione Benedetto. Padre Lind afferma che «esaltare la realtà della persecuzione potrebbe comportare un rischio»: ora, se per “esaltare” intende “innalzare, nobilitare, magnificare” (secondo il significato proprio di questo verbo in italiano) egli ha certamente ragione, anzi il suo giudizio è fin troppo blando. La persecuzione, da un punto di vista cattolico, non può mai essere considerata un bene e perciò essere cercata o provocata. Questa fu, semmai, la tendenza presente in altri gruppi cristiani dell'antichità, in contrasto con la “grande chiesa” (non solo i donatisti di cui parla Lind, ma anche, e forse ancor di più, dei montanisti, nel II secolo). “Esaltare la realtà della persecuzione”, perciò, comporta ben più di un rischio eventuale: è comunque un errore grave di giudizio e può essere un peccato di superbia.
Faccio però notare, incidentalmente, che tale rimprovero andrebbe legittimamente esteso anche a quei cristiani (nei confronti dei quali temo invece che il padre Lind, e chi la pensa come lui, non abbia obiezioni) i quali guardano quasi con soddisfazione alla diminuzione della chiesa in occidente e alla sua crescente marginalizzazione, come esito benvenuto della fine della tanto deprecata “cristianità” di matrice costantiniana. “Meglio che siamo pochi, ma convinti”, “Tutto ciò che sa di 'cristianesimo ambientale' o 'tradizionale' prima scompare e meglio è”, “Non vale la pena, anzi è sbagliato difendere istituzioni, costumi e tradizioni cristiane, bisogna andare fiduciosi verso un mondo in cui non hanno più ragione di essere” eccetera, eccetera. Quante volte abbiamo sentito discorsi del genere! Pastori che sembrano non preoccuparsi se le chiese sono semideserte; documenti ecclesiastici che, anche quando devono certificare dei veri e propri crolli, parlano sempre di “luci e ombre” e si preoccupano soprattutto di esorcizzare i “profeti di sventure”; semplici fedeli che ormai hanno assimilato l'idea ricevuta che sarà meglio per tutti quando essere cristiani sarà più difficile (e che dopo tutto non è così essenziale essere cristiani perché in fondo tutte le religioni portano all'unico Dio).
Ecco, questo è il punto, ed è un punto doloroso, assolutamente drammatico, a mio parere: noi, qui in occidente, non abbiamo ancora l'idea di quanto possa essere difficile vivere da cristiani in un mondo completamente non cristiano. E chi parla di queste cose con leggerezza, è un fatuo o un dannato, come diceva Pavese.
Qui sì che può annidarsi, se non dipende semplicemente da ignoranza o stolidità, il peccato di superbia. Sia lodato Costantino, perché nel complesso, pur con tutti i guai che ha comportato, ha reso meno difficile essere cristiani. Noi non siamo tutti eroi, anzi quasi nessuno di noi lo è: eppure il cristianesimo è per tutti, perché tutti possano diventare santi. Come dice giustamente anche il padre Lind, nel seguito del suo articolo, per noi vale la concezione agostiniana di chiesa come «una società frammista di persone buone e cattive [...] formata da credenti migliori e peggiori (o non tanto virtuosi)». Per tutti questi “poveri cristiani” (tra i quali è prudente annoverare noi stessi) è davvero caritatevole augurarsi che vivere la fede nel mondo diventi anche nei nostri paesi tanto difficile quanto lo è oggi, tanto per fare un esempio, in Arabia Saudita, in Pakistan, in Corea del nord, o anche in Cina? O quanto lo era ai tempi della persecuzione di Decio o di quella di Diocleziano? E senza arrivare a questi estremi, che carità e che umiltà c'è nell'augurarsi o anche solo nell'essere indifferenti alla scomparsa dei segni della presenza cristiana nella nostra società?
Ma il punto è anche un altro: l'opzione Benedetto non esalta affatto la persecuzione, si limita a prendere atto che essa sta arrivando, anzi per certi aspetti e in forme “morbide” (certo non cruente, ancora) c'è già. Questo è un giudizio di fatto, sul quale si può concordare o dissentire – come si può discutere sul modo migliore di reagire – ma tutto ciò non ha nulla a che fare con la tentazione donatista (o montanista) dell'arroganza paventata dal padre Lind. Il quale, peraltro, per prudenza (gesuitica?) formula la sua critica in modo così anodino da renderla insignificante. Dice che l'opzione Benedetto «potrebbe comportare un rischio»: grazie, ma quale posizione umana non ne comporta? Avvertire che una strada può essere pericolosa va sempre bene (tutte le strade potenzialmente lo sono), ma non dice nulla sul fatto che sia la strada giusta oppure no.
questo è il quarto di una  serie di articoli sull'opzione Benedetto pubblicati sul blog 
VANITAS LUDUS OMNIS
 a cui si rimanda
https://leonardolugaresi.wordpress.com/author/leonardolugaresi/


venerdì 23 febbraio 2018

LA SCUOLA : INEFFICIENTE E ARRETRATA, I SINDACATI LA VOGLIONO COSÌ (E LA POLITICA TACE)


LA SCUOLA : INEFFICIENTE E ARRETRATA, I SINDACATI LA VOGLIONO COSÌ (E LA POLITICA TACE)

Non ai docenti e al merito professionale; non ai dirigenti; non alle famiglie; non all'autonomia; non all'amministrazione Ma allora a chi giova il nuovo contratto?


Oltre dieci anni separano il Ccnl appena sottoscritto dal precedente. In quel lasso di tempo, ci sono state numerose e significative innovazioni legislative: la legge Brunetta e la legge 107/2015 fra tutte. Si trattava di norme votate dal Parlamento, che in parte riscrivevano aspetti importanti della pubblica amministrazione e della scuola; ma che, rispettando il ruolo delle parti sociali, demandavano al primo contratto utile la definizione di altri aspetti non meno rilevanti, dei quali si limitavano a fissare gli indirizzi, in qualche caso vincolanti.

Ora quel contratto è arrivato e la sintesi più efficace dei suoi contenuti ci viene offerta da uno dei contraenti, che, con grande senso dello Stato, lo saluta come lo strumento per scardinare l'impianto legislativo. Non un contratto di attuazione di indirizzi, ma di ribaltamento dei principi che avrebbero dovuto ispirarlo. Un bell'esempio di democrazia praticata e di Costituzione materiale: la volontà del Parlamento, che rappresenta quella dell'intero popolo sovrano, sovrascritta programmaticamente — in una materia come la scuola, che è di interesse generale — dalla volontà dei soli addetti ai lavori. Anzi, solo della parte sindacale: ché la parte datoriale, paralizzata dal timore dell'imminente scadenza elettorale, non ha opposto, e forse neppure tentato, alcuna resistenza. 

1.       Il contratto non giova economicamente ai docenti: i modesti aumenti conseguiti sono largamente inferiori a quelli che la 107, per vari canali, aveva erogato. D'altra parte, il tetto degli 85 euro era il prezzo che il sindacato aveva accettato di pagare in anticipo, un anno e tre mesi fa, in cambio della licenza di far strame della legge e di sostituirsi al ruolo del legislatore. E che dire del traguardo della retribuzione europea? Resta un miraggio buono per le prossime tornate contrattuali, utile come specchietto, purché non se ne prefigurino le condizioni.
2.      Giova ancor meno sul piano professionale: torna a prevalere la linea dell'appiattimento e della non differenziazione. Depauperato il fondo per il merito, distribuito tramite contrattazione quel che resta. Rinvio di ogni concreta ipotesi di carriera per i più impegnati e parallelo rinvio del codice disciplinare: il messaggio non potrebbe essere più chiaro. Non si vuole riconoscere il merito e non si vuole sanzionare il demerito. Una grigia notte hegeliana torna a stendersi uniforme su un milione di persone, cui è negata perfino la speranza di conquistare con il proprio impegno un riconoscimento individuale. Nelle decine di articoli del contratto nessuno ha avvertito l'esigenza di affrontare il problema, ogni giorno più scottante, del recupero dell'autorevolezza perduta da parte di docenti che si trovano a vivere in un girone senza speranza e senza un domani, sotto schiaffo — talvolta in senso letterale — di genitori e di studenti violenti.

giovedì 22 febbraio 2018

LA SINISTRA E IL FASCISMO COME "MALE ASSOLUTO”


Quando la sinistra sente puzza di pericolo politico per se stessa ritorna al fantasma del fascismo “male assoluto”. Lo aveva previsto Del Noce, lo sta confermando la Boldrini.

A seguito dei tristi fatti di Macerata una nuova scossa di “antifascismo” ha attraversato l’Italia. 
Alla manifestazione antifascista di Macerata i centri sociali hanno picchiato a sangue un poliziotto. Si sono anche levati inni offensivi per i martiri delle foibe e inneggianti a Tito (“Maresciallo siamo con te, meno male che Tito c’è”). A Livorno Giorgia Meloni è stata aggredita in quanto “fascista”. Anche Mario Adinolfi del Popolo della Famiglia è stato accusato di essere fascista e apertamente minacciato.

Il Presidente Mattarella ha subito ricordato agli italiani l’esistenza del “nemico” sostenendo che il fascismo non ha fatto mai niente di buono. La figlia di Gino Strada ha invitato le donne italiane a non “darla” ai fascisti per impedire che si riproducano. Un collettivo di donne ha esposto un cartello invitando gli immigrati a “non lasciarci soli in mano ai fascisti”. L’antifascismo viene fatto coincidere con l’antirazzismo. Il presidente della Camera Laura Boldrini ha chiesto lo scioglimento delle formazioni neofasciste. Il sindaco di Milano Sala e quello di Napoli Demagistris si sono detti d’accordo. Insomma siamo in presenza di una nuova ossessione antifascista.

Che il fascismo non rappresenti alcun pericolo reale nel nostro Paese è sotto gli occhi di tutti. Né si può dimenticare che gli assassini della povera Pamela non erano fascisti, né lo erano i violenti dei centri sociali che hanno manifestato a Macerata. Allora c’è da chiedersi perché questo rigurgito antifascista.

Augusto Del Noce aveva spiegato che c’è uno stretto legame tra antifascismo e legittimazione della sinistra comunista ed ex comunista. Il fatto che Renzi e Minniti si siano dissociati dalla manifestazione di Macerata è un segno in positiva controtendenza, ma nella sinistra italiana lo schema segnalato da Del Noce è ancora molto vivo. In questo momento sono soprattutto quelli di “Liberi e Uguali” a farsene carico, ma la mentalità è molto più diffusa dei confini di quel partito.

Il comunismo è un totalitarismo disumano. Ma se passa l’idea che il fascismo è il “male assoluto”, allora il comunismo viene in qualche modo legittimato appunto perché antifascista. Nella storia italiana questi due pesi e due misure sono state una costante. Strade o piazze intitolate a Mussolini non ce ne sono, ma a Gramsci, Togliatti, Maotzetung, Che Guevara ce ne sono tante. In questo periodo preelettorale in Italia ci sono ancora partiti che espongono il simbolo della falce e del martello mentre non è possibile farlo con il fascio littorio. In confronto al cancro del comunismo, il fascismo italiano è stato un piccolo raffreddore. Però la sinistra lo ha trasformato nel “male assoluto”, come appunto faceva notare Del Noce.

Siccome la democrazia italiana si dice essere nata dalla Resistenza, e siccome il Partito Comunista era dentro il Comitato di Liberazione Nazionale e perfino nei primi governi della Repubblica, ne risultava la legittimazione democratica del comunismo italiano e, dopo di allora, della ideologia di sinistra in genere. Questa visione è evidentemente ideologica. La storia dice altre cose. Però è una visione ideologica dalla lunga vita che nei momenti di “pericolo” per essa, la sinistra tira ancora fuori.

STEFANO FONTANA




IL BEST INTEREST DI ALFIE EVANS


 LEONARDO LUGARESI


A quanto pare, secondo i medici e i giudici inglesi il best interest di Alfie Evans, 21 mesi, è lo stesso di Charlie Gard: morire.
Confesso, come mia colpa, di aver seguito il suo caso con minore attenzione di quella che ho avuto per Charlie Gard, ma credo di aver capito che anche qui il nocciolo della questione sia il divieto imposto ai genitori di percorrere, a loro spese, altri percorsi diagnostici e terapeutici rispetto a quelli eseguiti nell'ospedale dove il bambino è detenuto. La mobilitazione delle coscienze, tuttavia, mi sembra notevolmente inferiore a quella che ci fu per Charlie Gard.
Alle notizie, facciamo presto ad abituarci: ci vogliono delle ragioni, profonde e spesso difficili da trovare, perché la coscienza possa resistere. Resistere a lungo, perché non sappiamo quanto durerà la traversata del deserto. Certo ben più dei quarant'anni degli ebrei in uscita dall'Egitto. E siamo solo agli inizi.
Domani, nella giornata di digiuno e preghiera per la pace, che il Papa molto opportunamente ha indetto, mettiamoci anche questo.

mercoledì 21 febbraio 2018

IL TERRORISMO DI AL-QAEDA INFIERISCE SULLA SIRIA


PARTE L’OFFENSIVA PER CACCIARE AL QAEDA DA GHOUTA EST (E CON ESSA QUELLA MEDIATICA DI SEGNO OPPOSTO)
LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE E’ LA PRINCIPALE RESPONSABILE DELLA CONTINUAZIONE DELLA GUERRA, E L’ITALIA AIUTA CHI DISTRUGGE!
L’esercito arabo siriano (SAA) ha lanciato una vasta campagna militare per liberare dai terroristi i sobborghi di Damasco chiamati ‘Ghouta Est’. L’offensiva è iniziata il 18 febbraio con un fitto lancio di artiglierie che hanno colpito i sobborghi della zona di prima linea delle forze jihadiste, precisamente nelle zone di Harast, Arbin, Zamalka, Jobar e Ayn Tarma.

L’operazione non poteva più essere rimandata.  Le milizie armate presenti in questa enclave compiono continui assalti contro le forze militari siriane provocando centinaia di morti. Inoltre, anche sui quartieri residenziali civili piovono razzi e bombe da mortaio provocando uno stillicidio di vittime civili.
Il tentativo di rendere la zona di Est Ghouta zona di de-conflict secondo gli accordi di Astana è fallito per il rifiuto dei cosiddetti ribelli ‘moderati’ di discostarsi dalla formazione qaedista di Tharir al Sham con cui hanno formato un sodalizio. Attualmente, tutte le formazioni presenti in Est Ghouta hanno formato una unica ‘sala di regia’ che risponde di tutte le operazioni militari. Essa si chiama Failak Ar-Rahman.
In Est Ghouta il  “Free Syrian Army” è il principale alleato del “Al-Qaeda” (HTS). Quindi nell’enclave le milizie più moderate si sono rifiutate di espellere il gruppo jihadista: questa scelta le ha portate fuori dal regime di cessate il fuoco.
La liberazione di Ghouta Est sarà molto difficile: i terroristi presenti a Ghouta hanno una potente linea fortificata di difesa con strutture in calcestruzzo, trincee larghe, lunghe gallerie sotterranee, e così via. Senza dubbio queste difese interferiranno in modo molto rilevante con il rapido avanzamento delle truppe governative nella zona, nonostante la loro notevole esperienza nel superare questi ostacoli. Attualmente le unità d’elite siriane  “Tigri” si sono schierate nella parte occidentale di Est Ghouta, mentre la quarta divisione meccanizzata e la Guardia Repubblicana dell’ SAA si sono concentrate ad est.
Intanto  è già partita la campagna mediatica tesa a demonizzare le forze governative e santificare al Qaeda.
Già RAI News 24 alle 19.00 stasera ha affermato che l’area di Ghouta è ‘assediata’ dalle forze governative, mentre è noto che se questo ‘assedio’ fosse tolto, le forze jihadiste dilagherebbero ovunque, mettendo la capitale a ferro e fuoco. Per fare un’analogia, è come se al Qaeda prendesse armi in pugno  il quartiere di Centocelle a Roma e i telegiornali nazionali dicessero che è l’intervento dell’esercito italiano a porre Centocelle sotto assedio e non i jihadisti.
La campagna mediatica nei prossimi giorni si intensificherà con incongruenze di questo tipo, mano a mano che l’offensiva prenderà piede. Le notizie che sentiremo prossimamente, solleciteranno la nostra emotività cercando di filtrare e riportare una realtà  a senso unico ‘addomesticata’ secondo la retorica degli aggressori esterni.

Resta inteso, di perdite civili ce ne sono e ce ne saranno ancora. Questa circostanza è aggravata dal fatto che i terroristi utilizzano i civili alla stregua di scudi umani, non permettendo loro di lasciare l’area dei combattimenti. Per questo il compito dell’esercito siriano non sarà facile: gli islamisti Failak Ar-Rahman ‘e’ Jaish al-Islam “nella regione sono ben armati. Anche le perdite di vite umane tra i combattenti, si prevede saranno alte da entrambe le parti.
Queste circostanze vanno riferite ma allo stesso modo va riferito il motivo di questa iniziativa militare. Quello che si sente è invece la conta dei morti, peraltro i riflettori vengono accesi solo quando le offensive le fanno i governativi e non i miliziani. Queste abitudini andrebbero cambiate. Inoltre, i media per fornire una informazione corretta non si dovrebbero esimere di  sottolineare che la Comunità Internazionale è la principale responsabile del prolungamento della guerra, e questo a motivo del supporto che ha fornito e continua a fornire ai terroristi con colpevole complicità.
Inoltre, occorre ricordare che allo stesso modo di come si apprestano oggi a fare,  i media avevano usato lo stesso gergo in occasione della liberazione di Aleppo evitando però accuratamente di pubblicizzare le vittime occorse nell’offensiva di Raqqa o Mosul (vedi qui) , quando ad attaccare erano le forze supportate dalla coalizione e le perdite civili e la distruzione maggiori.
In base alle esperienze pregresse, è plausibile che nei prossimi giorni vedremo che la Comunità Internazionale ed alcuni paesi appartenenti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu chiederanno l’interruzione dell’offensiva governativa. Inoltre, per favorire che questo avvenga le milizie jihadiste potrebbero organizzare attentati a Damasco o altrove, ed anche incidenti con falsa bandiera.
Quando è accaduto oggi non lascia ben sperare. I tiri di razzi e di mortaio su Damasco da parte dei jihadisti saranno intensificati: durante il giorno di oggi il Centro russo per la riconciliazione ha registrato sette bombardamenti sulle aree residenziali governative. I miliziani le hanno colpite con 19 colpi di mortaio. I quartieri colpiti sono Dhahiyat Al-Assad, Bab Tum e Bab Al-Salam, negli attacchi sono morte diverse persone. Colpita anche la scuola francescana nel momento di uscita da scuola dei bambini. Il rapporto prosegue dicendo che “formazioni armate illegali continuano a bombardare le aree residenziali di Damasco”.
Farhak Khak, il vice rappresentante ufficiale del segretario generale delle Nazioni Unite, ha dichiarato ai giornalisti che 30 persone sono state uccise durante i bombardamenti nella zona detenuta dai terroristi a Duma.
Seguite il sito VIETATOPARLARE 
PER UNA CORRETTA INFORMAZIONE SUL DRAMMA DELLA SIRIA


IL COLOSSEO SI TINGERÀ DI ROSSO. E ANCHE LA CATTEDRALE DI CESENA



 Il Comitato Nazarat di Cesena

Il Colosseo si tingerà di rosso il 24 febbraio 2018.
E anche la Cattedrale di Cesena.
Questo per squarciare il velo dell’indifferenza
sul martirio di tanti cristiani nel mondo.



Dopo la Fontana di Trevi, il Palazzo di Westminster a Londra, la statua del Cristo Redentore a Rio de Janeiro, la Basilica del Sacro Cuore a Parigi, il 24 febbraio prossimo il Colosseo si "tingerà" di rosso.
Ad illuminare il più celebre monumento di Roma sarà la fondazione pontificia "Aiuto alla Chiesa che soffre" per puntare i fari sulla questione della libertà religiosa. In contemporanea ci saranno analoghe iniziative ad Aleppo, in Siria, e a Mosul, in Iraq.

Il rosso è il simbolo della sofferenza e del martirio di tanti innocenti perseguitati o uccisi per la loro fede.

Accendere le luci per Mosul e per Aleppo significa portare la speranza ai cristiani iracheni e siriani – e simbolicamente a tutti gli altri  -  che tanto hanno sofferto e soffrono.
Per questi eroi della fede è molto importante che i fratelli occidentali si mobilitino per rendere nota al mondo la loro sofferenza. «Voi siete la voce di coloro che non hanno voce», ci scrivono i loro vescovi.

In segno di solidarietà nella notte del 24 febbraio sarà illuminata anche la nostra Cattedrale di Cesena. L’iniziativa è promossa dal Comitato Nazarat, un gruppo di cristiani cesenati provenienti dalle più diverse esperienze (parrocchie, movimenti), ma uniti dal desiderio di testimoniare una vicinanza fattiva ai loro fratelli perseguitati. Tale Comitato – sulla scia di decine di altri gruppi in Italia - si ritrova da oltre due anni ogni 20 del mese alle ore 19 davanti al Duomo di Cesena, proponendo la recita del rosario, ascoltando talora testimoni di questa dramma e raccogliendo offerte a sostegno di queste martoriate popolazioni.

Questa gente, cacciata dalle loro case, derubata dei proprio beni, minacciata affinché rinnegasse il proprio credo, non ci ha chiesto di imbracciare la armi, di ospitarli, di dare loro cibo, soldi o vestiti. Ci ha solo chiesto di continuare a pregare.

Una preghiera che li aiuti a resistere, senza scappare dalla terra che e' stata culla del cristianesimo per millenni.
Questo il motivo della nostra scelta di attirare l’attenzione della città illuminando per una notte la nostra Cattedrale di Cesena, il 24 febbraio prossimo.

Comitato Nazarat di Cesena

lunedì 19 febbraio 2018

RIPARTE IL BUS DELLA LIBERTÀ: NON CONFONDETE L’IDENTITÀ SESSUALE DEI BAMBINI.




IL BUS DELLA LIBERTA' SARA' 
A CESENA IL 26 FEBBRAIO
In attesa delle elezioni, e in considerazione degli attacchi che l’antropologia naturale e la psiche dei bambini si troveranno a fronteggiare nel futuro a breve termine, riparte la campagna del “Bus della Libertà”.

Dicono gli organizzatori: “Tutto ci dice che si sta preparando una nuova, grande ondata ideologica nelle scuole italiane. La lobby del movimento Lesbiche-Gay-Bisessuali-Transessuali (LGBT) si sta riorganizzando per tornare prepotentemente nelle classi dei nostri figli e dei nostri nipoti con altri progetti fondati sull’ideologia Gender. Per dire che non si nasce uomini e donne. Che l’identità sessuale cambia, anche a piacimento. Che un’identità sessuale vera e propria, in fondo, non esista nemmeno. È per questo che CitizenGO torna in campo col Bus della Libertà”.

Il grande pullman arancione porta in giro il messaggio cubitale: “Non confondete l’identità sessuale dei bambini”, e girerà l’Italia dal 20 al 27 febbraio. 

“Il fatto più grave che ci mette in allarme rosso riguarda, ancora una volta, l’Unar. L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali. È un organo del Governo italiano che, come dice il nome, dovrebbe occuparsi di combattere le discriminazioni basate sull’appartenenza etnica o culturale delle persone. Già, dovrebbe. Da qualche anno, la Lobby LGBT si è totalmente impadronita di questo organo. Basta vedere com’è andata con gli ultimi due Direttori. Uno ha promosso nelle scuole la Strategia Nazionale LGBT (quando “il nome è tutto un programma”…) finanziata con 10 milioni di Euro (le nostre tasse), l’altro ha finanziato un’associazione Gay con oltre 50 mila Euro (sempre le nostre tasse) di cui lui stesso era tesserato. 

Serviva un deciso cambio di passo. E invece, il Pd ha nominato nuovo coordinatore Luigi Manconi, un politico di idee fortemente di sinistra e radicali, favorevole a tutto ciò che abbiamo combattuto in questi anni. I frutti della nuova ondata ideologica già si vedono. Per esempio? Le scuole di Torino hanno ricevuto l’invito a portare i loro ragazzi (anzi: i nostri ragazzi) a vedere uno spettacolo teatrale fortemente propagandistico sull’omosessualità. Indovina? Un progetto patrocinato proprio dall’Unar. Il progetto prevede (cito testualmente) “un incontro preliminare per ogni classe organizzato dal Gruppo Formazione TorinoPride in collaborazione con il Servizio LGBT di Torino”.

E la prima tappa del bus sarà proprio a Torino. Umilmente, possiamo aggiungere però che la tappa veramente importante per tutti sarà il 4 marzo, quando si potrà finalmente esprimere la propria opinione, con il voto, su questo e altri problemi del Paese….